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Enrico Letta, ora tutti scendono dal suo carro (funebre): chi gli farà la festa

 Enrico Letta

Salvatore Dama
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L'immagine è devastante: Letta che viaggia sul suo bus elettrico. Il macinino a emissioni zero non può andare oltre i 50, sennò va giù la batteria. E mentre Enrico si gira i pollici nell'abitacolo, i colonnelli del Pd gli stanno preparando la festa. Le elezioni sono perse. Neanche un miracolo può rimettere in pista la coalizione a trazione dem. E non si tratta di un accidenti del destino. Sulla sconfitta in arrivo c'è una firma: quella del segretario del partito. Ufficialmente nessuno ha il coraggio di aprire la botola prima del 26 settembre. Però i discorsi che serpeggiano tra i democratici fanno fatica a rimanere sotto traccia. I motivi del dissenso: le alleanze, le liste elettorali, i temi della campagna elettorale. A Letta viene imputata tanta approssimazione politica. Ma con termini più coloriti. Tipo: "Non ha il quid", "E' un disastro", "Un ciocco di legno".

 

 

 

APPROSSIMAZIONE

Per esempio, i dirigenti dem hanno mal digerito l'addio troppo frettoloso al Campo largo, ma anche i criteri con cui sono state formate le liste, con spirito di vendetta anti-renziana e senza rispetto per i territori, preda di decine di paracadutati. Infine, viene messa in evidenza l'approssimazione della campagna elettorale. Troppo insistente sul duello con la Meloni, proprio mentre la logica del "voto utile" viene smentita dai sondaggi. Impietosi verso il Pd. La lista ha perso 5 punti in poche settimane. Tanto che l'obiettivo lettiano - essere il primo partito o, in subordine, prendere il 25% - si allontana inesorabilmente. Ora si fanno altri conti: sotto quale livello Enrico sarà costretto alle dimissioni? Gli ultimi sondaggidanno il Pd al 19. E il trend è negativo. Poi è vero: nello storico c'è il 18,7 di Renzi (2018), ma coi grillini al 34. La segreteria Letta, da statuto, dovrebbedurare ancora un po' di mesi e il congresso tenersi nella primavera 2023. Però, se Letta dopo il voto si dimette, l'interim può essere assunto dalla presidente del partito, Valentina Cuppi, o da uno dei due vice segretari, Peppe Provenzano o Irene Tinagli. Molto più probabile la seconda. E a breve spieghiamo il perché.

 

 

 

FORZA DELLE CORRENTI

Le correnti spingono per disfarsi dell'ex premier, secondo un principio di cannibalizzazione di leadership ben noto a sinistra. E dopo di lui? Stefano Bonaccini è quello che si sta agitando di più. Il presidente dell'Emilia Romagna sta facendo diligentemente campagna elettorale, ma si scalda a bordo campo per subentrare. Il governatore è vicino a base riformista, l'area degli ex renziana penalizzata nella definizione delle liste, fino all'umiliazione di alcune figure di primo piano. Bonaccini non è l'unico aspirante. C'è pure Peppe Provenzano. Che da alcuni giorni sta mettendo le mani avanti. Dice di non essere stato lui a fare quelle liste disgraziate che hanno fatto arrabbiare tutti. E poi, in privato, si proclama come il nuovo Corbyn, cioè come il futuro federatore delle sinistre. Bonaccini e Provenzano non solo gli unici due pretendenti al "trono". Si è reso disponibile anche il sindaco di Bari Antonio Decaro, pronto a correre per la segreteria nazionale. Secondo il Corriere del Mezzogiorno, avrebbe svelato il piano in un incontro del 18 agosto all'hotel Majestic. Erano presenti molti esponenti locali del Pd, ufficialmente convocati per organizzare la campagna elettorale. Ma vanno interpretate pure le mosse di Dario Franceschini, che al momento sta con Letta. Non perché lo convinca. Ma perché uno scontro congressuale tra Bonaccini e Provenzano sarebbe dilaniante per il partito. C'è anche un'alternativa indolore: la lettiana Paola De Micheli, soluzione di compromesso tra le correnti. E c'è già chi parla di raccogliere i cocci del Campo largo per rimettere in piedi l'alleanza con Giuseppe Conte. È l'idea di Goffredo Bettini. Ideologo dell'asse giallorosso che non ha digerito la fine della sua creatura. Franceschini è d'accordo e tiene in piedi il dialogo con i grillini sotto traccia. Se ne parlerà dopo le elezioni. E con Letta messo alla porta. 

 

 

 

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