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Papa Francesco, "chi lo detesta". Antonio Socci svela "il sistema" anti-Bergoglio

Antonio Socci
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Il "sistema" è composto di tanti partiti, da quello dei giornali al Pd, dal partito degli intellettuali a quello di una certa finanza, dal partito dei cantanti al "partito straniero". Tutti professano la stessa ideologia e hanno la stessa intollerante pretesa di rappresentare l'unico pensiero ammesso e rispettabile. Papa Francesco è sempre più indigesto a questo establishment (che un tempo lo adulava). Infatti la sua voce oggi è sempre più silenziata o ignorata. Sul conflitto in Ucraina è evidente che il Papa è l'unica voce dissonante rispetto al "partito della guerra" (dell'Est e dell'Ovest).
Martedì 13 settembre, mentre Draghi - simbolo dell'establishment più allineato agli Usa- riconfermava a Zelensky il sostegno (anche militare) dell'Italia, il Papa a Nur-Sultan chiedeva l'esatto contrario: «È l'ora di evitare l'accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo "spirito di Helsinki", la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico... per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti».

 

 



SERVONO STATISTI - Draghi, nella conferenza stampa di venerdì 16, ha bombardato proprio il dialogo, insinuando con disprezzo che «c'è qualcuno che parla di nascosto con i russi». Ma nelle stesse ore il Papa, in aereo, ha ricordato che fra Azerbaijan e Armenia «la guerra si è fermata un po' perché la Russia è uscita come garante, garante di pace». E ha ribadito che si deve sempre tentare il dialogo «con qualsiasi potenza, anche se è l'aggressore... il dialogo si deve fare... la mano tesa sempre! Perché al contrario chiudiamo l'unica porta ragionevole per la pace».
Del resto Nixon dialogava con Mao e ancor prima Churchill e Roosevelt dialogavano e si accordavano addirittura con Stalin. Ma loro erano statisti e facevano politica ad alto livello, come oggi esorta a fare Kissinger. Non a caso - di fronte alla catastrofe economica che ci sta arrivando addosso a causa della guerra - l'analista britannico Niall Ferguson ha dichiarato: «Oggi non serve Draghi, ma Kissinger». Non ci sono i grandi statisti che servirebbero. Lo ha detto proprio il Papa in aereo chiedendo «alta politica, non politica di basso livello».
Nei due interventi di questa settimana il Papa ha ripetuto molti temi indigesti al Pensiero unico, dal no all'eutanasia («Uccidere non è umano, punto») al no al laicismo («laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione»). Ma soprattutto colpisce il riemergere, anche sull'Ucraina, del tema a lui caro della «patria».

 

 


 

LA CONDANNA - Quando gli hanno chiesto della guerra in Ucraina, il Papa - condannando la guerra in sé - ha detto che l'invio di armi da parte dell'Occidente «è una decisione politica, che può essere moralmente accettata se si fa secondo le condizioni di moralità, che sono tante... Ma può essere immorale se si fa con l'intenzione di provocare più guerra o di vendere le armi». In sostanza ha fatto capire che prima di inviare armi bisognerebbe dimostrare di non aver fomentato la guerra (magari abbaiando, come ha fatto la Nato, ai confini altrui) e aver esplorato tutte le vie per la pace (continuando a cercarle).
Sulla legittima difesa degli ucraini ha parlato di patria: «Difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria. Chi difende ama». In genere il Pensiero unico detesta così tanto la parola «patria» che ha esteso il disprezzo pure alla difesa dell'interesse nazionale. Si è visto nei giorni scorsi quando ne ha parlato Giorgia Meloni facendo insorgere i politici e i media di sinistra.
Ma il Papa invece indica spesso la Patria come uno dei valori fondamentali. Lo ha fatto lunedì scorso parlando agli industriali: «È un brutto inverno demografico che va contro di noi e ci impedisce questa capacità di crescere. Oggi fare i figli è una questione, io direi, patriottica, anche per portare il Paese avanti». Tempo fa parlando ai giovani cileni in un santuario mariano disse: «Si comincia con i piedi per terra della patria, e se non amate la vostra patria non potete amare Gesù e amare Dio. L'amore per la patria è l'amore per la madre, che ci insegna a camminare. Se non siete patrioti, non farete nulla nella vita. Date il meglio di voi per il vostro Cile!».
Questo tema - assai caro a Giovanni Paolo II - fatica a passare nei movimenti cattolici e fra i vescovi, molto influenzati dal Pensiero unico che vede l'Ue, i Mercati e le alleanze internazionali come mezzi per spazzare via le patrie e gli Stati. Ieri infatti il presidente della Cei card. Zuppi ha confuso il patriottismo con il nazionalismo (cose opposte: è come confondere il polmone con la polmonite). Ha riconosciuto che la UE è «irrilevante», «antipatica», un «grande supermercato» e «senza la visione dei padri fondatori», ma - seguendo la narrazione del Pd - ha dato la colpa ai cosiddetti «nazionalismi». Dunque ha preso la causa per gli effetti.

SENSO TRAVISATO - Continuando il comizio, Zuppi ha aggiunto che «i nazionalismi sono l'opposto della bellezza dell'Europa». Così ha mostrato di ignorare che i «padri fondatori» volevano un'Europa delle patrie e non un'Europa burocratica e ideologica (com' era l'Urss) che schiaccia nazioni e Stati, sottomettendoli, fra l'altro, agli interessi dei più forti. A inizio anno, nel discorso al corpo diplomatico, il Papa aveva denunciato il fatto che «importanti decisioni sono spesso prese senza un vero negoziato nel quale tutti i Paesi abbiano voce in capitolo», cosa che «genera disaffezione verso gli organismi internazionali da parte di molti Stati». Inoltre, ha detto, le agende internazionali sono «sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell'umanità e le radici culturali che costituiscono l'identità di molti popoli». Secondo il Papa è «una forma di colonizzazione ideologica» con cui «si finisce per cancellare il senso di ogni identità». Il Pontefice ha concluso: «Si va elaborando un pensiero unico pericoloso». Non si devono cancellare, ma valorizzare «le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli». Questo prefigura un'altra politica e un'altra Europa. www.antoniosocci.com

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