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Alessandro Sallusti: gli orfanelli del fascismo, i veri nostalgici sono a sinistra

 Enrico Letta

Alessandro Sallusti
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«L'antifascismo è come i vini, bisogna guardare l'annata», diceva il saggio Giulio Andreotti. Ecco, quella 2022 resterà nella storia della politica una pessima annata. Meloni fascista, Salvini fascio razzista, Berlusconi quasi fascista in quanto complice dei primi due, insomma aveva ragione il somma poeta Jorge Luis Borges, uno non certo sospettabile di simpatie destrorse: «Per certi comunisti, se sei anticomunista sei subito definito fascista. Questo è incomprensibile, quanto affermare che se non sei cattolico sei un mormone». E ancora più esplicito è stato lo scienziato Antonio Zichichi: «È troppo facile, e terribilmente vile, fare gli antifascisti senza fascismo».

 

È proprio così, la sinistra ha fatto una campagna elettorale vigliacca e anche un po' fascista nel senso che ha passato settimane a manganellare gli avversari in base a una accusa totalmente infondata, quella di mettere a rischio la democrazia che viceversa è apparsa ben salda nei non pochi anni in cui il centrodestra è stato al governo del paese ed è altrettanto salda nelle quindici regioni oggi governate dalla stessa compagine in tutte le sue possibili varianti.

Partecipare in questi ultimi due mesi ai dibattiti televisivi è stato un supplizio.

Ho provato a interloquire sui temi immaginando che interessasse ai telespettatori ma niente, dopo due parole di circostanza il discorso tornava sempre lì:sìva bene le bollette, il problema è che questi sono fascisti, sfasceranno il paese, ci toglieranno le libertà. L'altra sera il governatore della Puglia Emiliano, gonfio di rabbia per l'imminente sconfitta, è arrivato a dire che «stiamo passando da Mussolini alla Meloni». E siccome gli ho detto con fermezza che secondo me aveva bevuto ha minacciato pure di querelarmi. Avete capito come siamo messi? Lui che querela me, non la Meloni che querela lui perché sarebbe fascismo.

 

Di recente, per chiudere, mi è capitato di rileggere un libro in cui viene citata una frase di Giorgio Almirante, storico leader del Msi. Dice: «Io non voglio morire da fascista. Tanto che sto lavorando per individuare e far crescere chi dovrà prendere le redini del Movimento Sociale Italiano dopo di me. Giovane, nato dopo la fine della guerra. Non fascista.

Non nostalgico. Che creda, come ormai credo anch' io, in queste istituzioni, in questa Costituzione. Perché solo così il Msi può avere un futuro. Altrimenti è costretto a sparire». 

Sembrava un sogno, si sta realizzando. E questo è quanto.

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