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Boschi, l'apertura: "Cambiare la Carta? Pronti a discuterne"

Elisa Calessi
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Onorevole Boschi, non è un po' ingeneroso definire «finito» - come ha fatto Matteo Renzi - un partito, il Pd, che vi ha dato tanto e che ha preso più del doppio dei vostri voti?
«Purtroppo è la verità. Il Pd ha terminato la sua corsa perché nel giro di qualche mese dovrà scegliere se stare con Conte o con i riformisti, con il reddito di cittadinanza o con il JobsAct. E a quel punto la divisione sarà inevitabile. Non è un problema di voti presi ma di strategia per il domani. Il Pd ha preso il 19% ma è il partito del passato, noi l'8% ma siamo il partito del futuro».

 

 

 

Pensate che una parte dei dem passerà con voi?
«Non so quanti amministratori e parlamentari passeranno con noi nei prossimi dodici mesi. Ma so che alle Europee passeranno con noi molti elettori che non si riconoscono nella linea Conte- Bettini-D'Alema».

Anche per voi, però, i risultati elettorali sono al di sotto delle aspettative. Puntavate alla doppia cifra, vi siete fermati al 7,7%. Siete il quarto, non il terzo polo.
«Due mesi fa ci davate tutti al 2%, oggi siamo quasi all'8%. Se in due mesi abbiamo fatto questo risultato lei immagina che cosa potremo fare nei due anni che ci separano dalle Europee?»

I flussi dicono che, nonostante la presenza di ex ministri azzurri, avete preso più voti al Pd, che a Forza Italia. Come se lo spiega?
«In realtà, se guarda bene i dati vede che noi prendiamo molti voti ex Pd ma anche una parte che proviene dalla destra. E soprattutto, questo per me è il dato più interessante, siamo i più votati tra gli universitari e recuperiamo più di tutti gli altri da chi la volta scorsa non aveva votato. Molti elementi per dire che il quadro che si delinea davanti a noi è ricco di interesse».

Il punto è cosa ne farete di questi voti. A febbraio, per esempio, ci sono le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia: con chi vi alleate?
«Decideremo con gli amici di Azione e di Italia Viva delle due regioni. Parlarne adesso è oggettivamente prematuro».

Lei mette la mano sul fuoco che il rapporto tra Renzi e Calenda durerà? Come possono stare insieme due leader che se ne sono dette di tutti i colori?
«Mi pare che la risposta sulla convivenza l'abbia data questa campagna elettorale. Abbiamo lavorato insieme e tutti noi sappiamo - a cominciare da Renzi e Calenda - che disperdere questa speranza sarebbe folle. Tutti noi sentiamo la responsabilità della fiducia data dagli elettori».

Come le piacerebbe fosse scelto il vostro leader? Con primarie o in un congresso tra iscritti?
«Le forme organizzative e politiche della costruzione del partito unico sono molto importanti ma proprio per questo dovranno essere decise insieme. Aggiungo che tutti abbiamo ben chiaro un punto: questa grande sfida che prende il nome di Renew Europe non può limitarsi a Azione e Italia Viva, ma deve coinvolgere larga parte della società civile e culturale, il mondo liberal democratico, l'area cristiano sociale e popolare, il mondo dell'associazionismo. Deve essere una casa aperta, non un fortino. E su questo lavoreremo tutti insieme con impegno».

La prima premier donna in Italia verrà da destra. E non da sinistra o dal vostro schieramento, dove pure si parla tanto di diritti delle donne. Come se lo spiega?
«Meloni è stata brava a crederci sempre. E contemporaneamente deve dire un grazie gigantesco a Enrico Letta senza il quale oggi lei non sarebbe la premier in pectore. Quanto alla donne degli altri schieramenti, ho fatto parte del primo e unico governo paritario della storia repubblicana, con la prima donna ministra della Difesa o dello Sviluppo economico. Io stessa sono stata la prima sottosegretaria a Palazzo Chigi. E ancora oggi Italia Viva e Azione sono la lista che ha portato in proporzione più donne di tutti in parlamento. Ma questo non toglie nulla al fatto che Meloni ha compiuto un cammino straordinario che va riconosciuto come è giusto che sia. Poi bisognerà vedere se a questo corrisponderanno più o meno opportunità, in concreto, per le donne di questo Paese».

 

 

 

Lei è stata attaccata per anni per via di suo padre. Cosa pensa dell'attacco ricevuto da Meloni a proposito del padre?

«Una politica che usa gli attacchi personali o legati alle famiglie è una politica barbara. Per questo io ho difeso Meloni. Mi spiace che la maggioranza della destra non abbia fatto lo stesso con me a suo tempo, anzi, si sia resa responsabile di un'aggressione personale assurda e spaventosa. Ma noi siamo più civili di chi ci ha insultato e dunque non replichiamo con lo stesso tono o con la stessa moneta. Io ho dato pubblicamente la mia solidarietà a Meloni».

Se Meloni prova a cambiare la Costituzione, magari dando vita a una Bicamerale, accettereste di partecipare?

«Certo che partecipiamo, a condizione che sia una cosa seria. Ma credo che in questa fase iniziale la questione della riforma non sia la priorità».

Il primo provvedimento del nuovo governo sarà, probabilmente, sulle bollette. Voterete contro o potreste sostenerlo?

«Dipende da che c'è scritto dentro. Non è più tempo di sì o no ideologici. Guardiamo le carte e poi il gruppo parlamentare deciderà».

Letta ha proposto, come prima fase del congresso dem, una chiamata generale a tutte le forze progressiste. Perché non partecipate?

«Perché non c'entriamo nulla con i grillini e i D'Alema/Speranza. E comunque l'insistenza di Letta che, dopo aver sbagliato tutto, continua a spiegare agli altri come sbagliare ancora, è incredibile».

Se al congresso del Pd dovesse vincere un leader riformista, per esempio Stefano Bonaccini o Dario Nardella, potreste riprendere il dialogo con il Pd e magari ritornarci?

«Non accadrà. Non so se ci sarà un congresso a marzo 2023, ma sono abbastanza sicura che non ci sarà più il Pd. Stefano e Dario sono due amici e faccio loro i migliori auguri, ma non credo che abbiano la forza di imporsi in un partito che guarda più a Conte e Bettini che ai riformisti». 

 

 

 

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