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Pd, il sondaggio che travolge i dem: mossa disperata, aggrappati a Putin

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Daniele Dell'Orco
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Nei mesi che hanno preceduto le elezioni il Partito democratico voleva provare ad inglobare il Movimento 5 Stelle. Ora, invece, i dem si ritrovano a dover cercare di respingere l'Opa che i grillini stanno lanciando sul loro elettorato. Mentre si avvicina il congresso e si moltiplicano i potenziali candidati a succedere ad Enrico Letta al Nazareno, il Pd teme l'aggancio grillino nei sondaggi (quelli Ipsos post-voto danno la forbice tra i due partiti inferiore al 3%) e che Giuseppe Conte possa diventare il volto principe dell'opposizione al prossimo governo. Siccome la sua linea sta pagando, cioè sussidi per tutti e stop all'invio di armi all'Ucraina, il Pd senza alternative ha pensato bene di copiarla. Col rischio di una ennesima spaccatura. I dem, nella stagione del sostegno al governo Draghi, hanno sempre sostenuto l'aiuto militare a Kiev «senza condizioni», esprimendo persino il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che ha varato tutti i pacchetti, ben cinque, di sostegno militare. Ora si sono riscoperti pacifisti, quando non addirittura «putiniani».
 

 


VOTO SCHIZOFRENICO
Al Parlamento europeo ci sono state le prime crepe, con alcuni europarlamentari (sette) che dapprima hanno votato contro il sostegno militare all'Ucraina, salvo poi «rinsavire» e andare verso il «sì» (tutti tranne due) nella votazione finale, aggiungendo alla risoluzione la postilla che chiede «un'intensificazione dell'azione diplomatica per il raggiungimento della pace». In attesa della grande manifestazione «senza bandiere» per la pace ideata da Giuseppe Conte, raccolta da numerose associazioni e a cui hanno già aderito, a titolo personale, esponenti Pd come Laura Boldrini («Una manifestazione per la pace riempirebbe un vuoto»), Pier Francesco Majorino («Sono favorevolissimo a qualsiasi mobilitazione popolare che dica una cosa semplice. Contro la guerra si lavori a un negoziato») e Graziano Delrio («In piazza per la pace, ma Kiev deve difendersi»), il Pd prova persino a bruciare le tappe e intestarsi una sua iniziativa, col governatore della Campania Vincenzo De Luca (anch' esso in odore di candidatura per la segreteria) che sta promuovendo una manifestazione fotocopia a Napoli il 28 ottobre. Le parole dell'appello al governo «a non essere appendice della Nato» sembrano ricalcare alla perfezione quelle di Conte: «Di fronte all'ipotesi concreta di armi nucleari, da oggi il governo italiano e i partiti politici hanno il dovere di dire al popolo italiano qual è l'obiettivo che stiamo perseguendo in Ucraina - ha detto nella sua consueta diretta Facebook -. Se è quello di una vittoria militare, dobbiamo dire agli italiani che siamo in guerra. Non possiamo vivere in un'economia di guerra senza dirlo in maniera esplicita. Poi ognuno si assumerà le proprie responsabilità». 

 

 

Un pezzo da novanta del Pd come Piero Fassino, poiché presidente della commissione Esteri, ha benedetto l'iniziativa di De Luca: «Dà voce alla grande inquietudine che suscita il prolungarsi di una guerra che già ha provocato terribili sofferenze e rischia di precipitare nell'uso di ordigni nucleari», dice all'Adnkronos, «ottenere almeno un cessate il fuoco, patrocinato dall'Onu, consentirebbe nell'immediato di far tacere le armi e evitare ulteriori tragedie e sofferenze». Chissà, magari con in mano i sondaggi condotti tra le istituzioni europee, come quello recente di eupinions realizzato in collaborazione con la Fondazione belga Re Baldovino che rivela il 58% degli italiani contrario all'invio di armi (ultimi in Europa), a sinistra si stanno scatenando istinti anti-Nato o pro-Russia, con in mente un certo nostalgismo sovietico. Dall'alleato esterno di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, che ha parlato di «atlantismo mistico e fideistico» da abbandonare, all'ascesa (fino alla segreteria?) di personalità come Marco Sarracino, segretario del Pd di Napoli e neoeletto parlamentare diventato famoso per un post social di un paio d'anni fa in cui augurava «Buon anniversario della Rivoluzione». Bolscevica, ovviamente. Con tanto di foto di Lenin e bandiera e Armata rossa.


 

TRADIMENTO
Per cercare di contenere questi istinti, tuona la frangia atlantista. Enrico Borghi, responsabile per la sicurezza del partito e membro del Copasir, ha detto: «Il Pd non cambia la propria postura. Sul tema ucraino esiste un aggressore ed un aggredito, che va sostenuto nella sua resistenza». Mentre Filippo Sensi, su Twitter, ha parlato addirittura di «tradimento. Se il Pd tradisse la sua posizione limpida, cristallina, giusta sull'Ucraina, l'aggressione russa e il fascismo di Putin sarebbe un errore esiziale, non solo per il partito, ma per il Paese e il suo, il nostro posto nel mondo. Non deve succedere, non succederà».

 

Invece potrebbe succedere e anche presto, visto che per la corsa alla segreteria di Letta la carta del «dialogo per la pace», mai menzionato in campagna elettorale dal Pd, se la stanno giocando molti pretendenti, anche perché nell'immediato sarà il cardine su cui basare l'opposizione a Giorgia Meloni, quella che il Pd chiamava «amica di Putin». E invece ora gli amici di Putin sono loro. 

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