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Sallusti, profezia-tombale: "La sinistra è morta. E ora..."

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Alessandro Sallusti
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Enrico Letta annuncia che per il Pd è iniziata «la traversata nel deserto», modo di dire suggerito dal racconto biblico del lungo viaggio compiuto dagli Ebrei dopo l'esodo dall'Egitto verso la terra promessa, e che in politica significa una fase di transizione per un periodo più o meno lungo. Già, ma quanto lungo, e ancora il percorso: e verso dove? Il problema del Pd non è aver perso le elezioni - in democrazia l'alternanza è un fatto fisiologico - ma la mancanza di una identità persa con la caduta del Muro di Berlino, cioè del comunismo come forma di governo, e mai più ritrovata.

 

 

 

Perché essere "anti" - unico tratto distintivo della sinistra italiana negli ultimi quattro decenni - non descrive chi sei e cosa vuoi ma solo chi sono i tuoi nemici, più o meno generici. Lo abbiamo capito: siete antifascisti, antiberlusconiani, antisalviniani e ora antimeloniani: detto questo, che accade? Nulla, è affermare l'ovvio, come dire che un milanista è antiinterista, cosa del tutto ininfluente se l'obiettivo è mettere in campo una squadra capace di vincere lo scudetto. Ecco, il problema della sinistra è che ha chiaro chi sono nemici ma non gli amici, sia sullo scacchiere politico sia nel corpo elettorale. Ci aveva provato Matteo Renzi a mettere un po' d'ordine da quelle parti ma proprio per questo fu fatto fuori e da allora la sinistra è tornata a brancolare nel buio, affascinata dal primo che gli è passato a tiro.

 

 

 

Negli ultimi tre anni il Pd ha accarezzato l'idea di farsi guidare - o comunque pilotare - prima da Giuseppe Conte e poi da Mario Draghi. E cosa è questo, se non un ossimoro, cioè affermare più o meno contemporaneamente due concetti contrari? Ma non solo: vendere, addirittura in campagna elettorale, l'agenda Draghi come il toccasana per ogni problema è ammettere- cosa come detto vera- di non averne una propria di agenda e neppure un leader in grado di applicarla. Insomma, la sinistra italiana è morta e sopravvive solo in una casta di intellettuali, opinionisti e giornalisti che per abitudine e disperazione continuano a cantarne le gesta come se fosse viva. La «traversata nel deserto» ha senso e speranza se ci sono un condottiero e una meta sia pure a fatica raggiungibile. Non ci sono né l'uno né l'altra. Il Pd non attraverserà alcun deserto, semplicemente ci vagherà all'infinito, come fanno i beduini. 

 

 

 

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