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Mattarella, "firmato senza problemi": come umilia Saviano e la Murgia

Francesco Specchia
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Volevano mirare a Giorgia, hanno colpito Sergio. Si sono talmente rivoltati in massa - associazioni, forze politiche e sindacali, scrittori più o meno noti, perfino giovani partigiani - si sono talmente affannati nel riempire le piazze mediatiche con la critica ferocissima alla norma anti-rave party che quella stessa norma potrebbe oggi essere invocata per loro. Invocata a tutela più che dell'ordine pubblico, però, della figura del Capo dello Stato. Perché i nuovi custodi del dissenso di piazza, usando il lanciafiamme contro la disposizione anti-raduni illegali, credono di attaccare il governo Meloni. Ma, di fatto, assaltano il Quirinale. Perché, la realtà è che mentre Repubblica evoca il decreto anti rave (nato da un'estensione dell'art.434 bis del codice penale, «invasione di territori e edifici», in vigore da mo') come «norma liberticida» e «legge manganello»; mentre l'Anpi, l'associazione Partigiani, non perdendo occasione per dimostrare d'essere viva, preannuncia iniziative a tutela della libertà di manifestazione; mentre Roberto Saviano sbraita contro l'«incostituzionalità della norma» citando generici «giuristi» che l'avrebbero presa a male; mentre Michela Murgia a Otto e mezzo urla che «stupefacenti e alcol non son reato» e Laura Boldrini scambia Predappio per un rave party; bè, mentre accadeva tutto questo, Sergio Mattarella, firmava quella stessa legge per alcuni da sottoporre all'esorcista. Per carità, la legge può esser scritta meglio, e quello sarà compito delle Camere.

ENNESIMA QUERELLE
Ma la dimostrazione dell'ennesima speciosità dell'ennesima querelle anti-Meloni sta tutta qui. Sta nel fatto che il Capo dello Stato, dopo aver letto, riletto, compulsato e sottoposto a bulino costituzionale il suddetto decreto legge; bè - ohibò - quel decreto l'ha firmato. Ha firmato, proprio lì, in calce. Cioè.
Mattarella, primo costituzionalista d'Italia, già membro delle Consulta, ultimo baluardo della Sacra Carta, ha firmato la legge liberticida. Cioè. Mattarella ha approvato una norma che - secondo il collega Carlo Bonini - richiamerebbe il reato di «adunata sediziosa» del fascistissimo Codice Rocco. Cioè. Mattarella appoggerebbe, secondo l'Anpi, la «propensione autoritaria del governo». Uno splendido cortocircuito. Che esplode nell'invocazione dal Pd dell'«intervento di Mattarella», e proprio su quelle norme che lo stesso Mattarella ha testè autorizzato. Qua ognuno tira fuori l'articolo della Costituzione più utile al sostegno della propria tesi.

Ma tutti i dissenzienti sembrano ignorare, della Costituzione, il libero esercizio dell'art 66 sulle Funzioni e pote- k, ri del Presidente della Repubblica. Articolo che prevede l'autorizzazione, la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo, la promulgazione delle leggi, l'emanazione e il riesame dei decreti leggi qualora se ne ravvisasse l'incostituzionalità. E, evidentemente non è questo il caso. Senza considerare che, al di là delle legittime aspirazioni di Savino, della Murgia e dell'Anpi, fino a prova contraria, il templare della Costituzione è l'abitatore del Quirinale. Difatti, non è un caso che tutti i costituzionalisti a sinistra tacciano. Tutti tranne il liberal-liberale Giovanni Guzzetta, il quale, al Giornale, smonta le accuse di Enrico Letta sul suddetto ddl che sopprimerebbe la libertà individuale. Dice, infatti, il Guzzetta: «Dal punto di vista politico, si può avere l'idea che si ritiene della libertà, ma ciò che conta è ciò che dice la Costituzione. Questa disciplina di carattere legislativo è comunque sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, ma per come è definita la libertà di riunione dalla Carta, non c'è alcuna criticità. Probabilmente il Pd ha un'opinione diversa, ma non si deve scomodare la Costituzione per criticare una scelta politica».

MINISTRO PREFETTO
E, sul timore da parte della sinistra della possibilità che l'interpretazione del decreto punisca le «occupazioni scolastiche» Guzzetta continua «premettendo che le occupazioni scolastiche non sono un diritto costituzionale, la definizione della fattispecie del decreto-legge è molto rigorosa. La norma parla di raduni arbitrari e pericolosi per l'incolumità, la sicurezza e la salute pubblica. Penso che questo sia il confine. Dunque, quando si applica, tutto dipende da questi limiti. Insomma, se l'occupazione di una scuola non minaccia l'incolumità, la sicurezza e la salute pubblica questa norma non si applica. Inoltre stabilire una sanzione di tipo penale significa assicurare che questa valutazione sia rimessa a un giudice. Si va, quindi, addirittura oltre la Costituzione perché la Carta prevede che questi eventi possano essere vietati dalle autorità di pubblica sicurezza. Qui il vaglio spetta al giudice». Quindi, di fatto, a sinistra si metterebbe in discussione perfino la capacità decisionale dei magistrati. Si procede di paradosso in paradosso. A cui se ne aggiunge un altro. Nei talk show, -per primo L'aria che tira su La7- dall'opposizione si sta levando sempre più tambureggiante la domanda: «Perché, poi, il ministro dell'Interno dev' essere un prefetto?». Ma diamine, perché -a parte la lunga tradizione di prefetti al Viminale dalla Cancellieri alla Lamorgese- è l'opposizione stessa ad aver invocato il "tecnico" dato che il "politico" (Salvini, nella fattispecie) era eticamente inadatto. Siamo oramai in una dimensione surreale della politica. Confidiamo nella prossima appassionata querelle...

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