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Giorgia Meloni, la svolta: così diventa protagonista in Europa

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Corrado Ocone
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Il Mes? «Parlerò col direttore per vedere se ci sono margini per cambiare le condizionalità». Covid? «Serve misura europea su tamponi da Cina». Mediterraneo? «L'Italia è per stabilizzare i Paesi del Nord Africa anche a nome dell'Europa». Blocco navale? «Per come lo intendo io è una missione europea». La collaborazione con l'Europa è stata il leit motiv di molte risposte date da Giorgia Meloni in conferenza stampa, tanto da far apparire oggi ridicole le affermazioni di quanti avevano parlato a cuor leggero di un governo sovranista che ci avrebbe isolato e allontanato in pochi mesi da Bruxelles. Mai come oggi l'Italia cerca e pratica un rapporto collaborativo con l'Europa, convinta che le grandi sfide globali possono essere affrontate solo in una dimensione continentale. La stessa difesa europea, seppure con una opportuna sottolineatura della sua integrazione in quella Nato, viene visto come un impegno prioritario. Per non dire della risposta da cercare in Europa alla crisi energetica e in genere ai problemi sollevati dalla guerra in Ucraina. Continuità coi passati governi? Retromarcia opportunistico? Niente di tutto questo.

 

 

 

Il cambiamento radicale, per chi sa vedere, c'è stato, eccome! Esso è nella postura, o nel metodo se preferite: all'Europa si chiede e si offre leale collaborazione ma in un'ottica di pari di dignità e rispetto. L'Italia vuole mediare e negoziare, ma essere parte integrante e protagonista della governance europea. Il nuovo governo non tollera più quel malinteso europeismo che per anni ha portato i governi precedenti ad accettare supinamente scelte fatte dagli altri Paesi, i quali legittimamente hanno seguito i propri interessi. La "nuova Italia" vuole stare sul tavolo delle decisioni e contare per quella che è la sua misura: senza velleitarismi e arroganze che non ci possiamo realisticamente permettere, ma anche con l'orgoglio di ciò che comunque rappresentiamo e spesso sottovalutiamo (come il premier ha ribadito in più riprese). È finito il tempo della acquiescenza: di una mancanza di idee che ci ha portato ad accettare tutto in una sudditanza psicologica e morale insieme. Il governo Meloni sta non solo dimostrando che questo atteggiamento è possibile, ma che, pur nella comune dialettica degli interessi nazionali, esso è anche apprezzato dai partner europei. Forse ci sbagliamo, ma dalle altre capitali si riscontra fiducia riposta in questa "nuova Italia". Per non dire dei mercati. E non si dica che è merito di quel che ha fatto Draghi o della presenza di Mattarella oggi al Quirinale: i mercati sono sensori così sensibili che la fiducia se vogliono te la cambiano dall'oggi al domani. Oltre ad essere impersonali e a non guardare in faccia alle persone. 

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