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Stefano Bonaccini, per qualche voto in più si vanta del passato comunista

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Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, ha buone probabilità di essere il prossimo segretario del Partito democratico. Per riuscirci deve vincere le primarie. E allora che fa? Il comunista. L’unico modo per radunare, alzando con solennità un barlume mai estinto, la folla dispersa della sinistra. Dice ad Aldo Cazzullo, in una intervista per Il Corriere della Sera: «Non posso e non voglio dire di non essere mai stato comunista. Sono stato un comunista emiliano. E non ho nulla di cui vergognarmi; anzi, ne sono orgoglioso». Si tratta di una rivendicazione identitaria studiata al millimetro.

Basti osservare la costruzione della frase che ricalca addirittura la retorica dei Papi, onde dare solennità lapidaria alla riabilitazione del comunismo. Nelle prime otto parole per tre volte Bonaccini ripete «non». Il precedente conduce alla risposta che Pio VII diede nel 1809 a Napoleone che voleva incamerare lo Stato Pontificio all’Impero francese: «Non debemus, non possumus, non volumus». Cioè nel nostro caso: Non dobbiamo, non possiamo, non vogliamo rinunciare al Comunismo.

 

Dopo quello di Marx ed Engels, che scrissero nel 1848, “Il Manifesto del Partito comunista” ora tocca all’identicamente barbuto Bonaccini dargli una lucidata. I due filosofi esordirono con: «Uno spettro si aggira per l’Europa», lui si accontenta dell’Emilia. Il problema è che l’Emilia è più vicina della Cina, e il governatore punta su Roma.

NEO PEPPONE
Il candidato segretario si scolpisce in tutto l’incedere della conversazione cazzulliana un busto da neo-Peppone col fazzoletto rosso al collo. Meriterebbe qualche noterella qualche altra panzana. Fermiamoci a Bonaccini «comunista emiliano». Si tratta di un’operazione di falsificazione limacciosa, una manipolazione linguistica che deforma la realtà di un crimine. Bonaccini usa l’aggettivo come una candeggina per smacchiare l’orrore. Sposta l’attenzione sulle lasagne, sulla bonomia di Peppone e Bersani, ma in realtà qui siamo al recupero del comunismo come entità metafisica, ideale puro ed eterno. Contro cui nulla possono gli «incidenti» tipo Unione Sovietica. Comunismo sovietico. Il sostantivo è buono, resta buono, è l’attributo geografico a essere cattivo senza colpa del comunismo. Comunista emiliano vuol dire essere angeli del paradiso scesi nella Bassa Padana.

CONVENIENZA
Perché Bonaccini conduce questa operazione? Ha la sua marcia convenienza. Interna ed esterna.

1- Il governatore conosce il fuoco segreto che continua ad ardere nel petto dei compagni. Una brace che nel Pd aspetta solo di essere smossa per attizzare legna riposta con cura, e adesso venuta buona per scaldare un popolo debilitato che non sopporta più di tenere nascosti in cantina gli antichi sogni. L’avversaria di Bonaccini per il trono è Elly Schlein. Costei è esponente della sinistra d’avanguardia più propensa a tutelare l’affitto degli uteri che a calmierare quello delle dimore proletarie. Ha il 35 per cento. Con potere di condizionamento sufficiente a rendere precario il suo ingresso al Nazareno. Il governatore ha perciò bisogno di far sapere e toccare con mano lui la vera sinistra, altro che Elly e M5S. E così offre Rosso antico al pueblo. Apre oscenamente l’impermeabile e esibisce gli attrezzi con cui nel mondo sono state ammazzate diciamo 60 milioni di persone come minimo. 

 

2- L’establishment mediatico gongola. I siti di Repubblica, Stampa e Corriere sottolineano il vantaggio di Bonaccini: ha il 65 per cento. Nessun altolà morale. In tal modo si dà corso legale a una moneta che nella sinistra non ha mai smesso di essere la riserva aurea, il rublo d’oro sepolto sotto la quercia: l’orgoglio di dichiararsi comunisti. Basta aggiungere un aggettivo magari regionale, e ciao gulag, roba lontana. Cazzullo osserva: «Lo sa, vero, che il comunismo è stato una tragedia?». Lui dice: Urss, che c’entra l’Emilia? Ehi, e le centinaia, migliaia di militanti democristiani, socialisti e liberali, eliminati dai comunisti emiliani nel Triangolo rosso tra il 1945 e il 1955? E i 130 tra preti e seminaristi ammazzati? Non erano vendette, ma il far piazza pulita della classe dirigente avversa a Stalin. Il tutto per consentire a Bonaccini nel 2023 l’orgoglio di essere “comunista emiliano”. Bravo.

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