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"Brava Meloni": chi a sinistra sta con la premier

Francesco Specchia
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Sì, il Superbonus è il segno dell’apocalisse; ma la Meloni in fondo in fondo, non è malaccio. Al dì là del furore ideologico del grillismo e della sinistra radicale, vi è una sorta d’inedito spaesamento nei commenti che da sinistra avvolgono la premier e il suo decreto che, all’improvviso, stoppa la cessione del credito e lo sconto in fattura per evitare il default dello Stato e un debito pubblico immenso come i sogni del Pd. Ed è tutt’un florilegio inatteso di estimatori della Giorgia, che pur rimangono avversari politici. Aveva iniziato Carlo Calenda twittando, e sconcertando i suoi: «La scelta del governo di chiudere il bonus 110% è totalmente condivisibile. È un provvedimento che ha generato uno spreco di risorse mai visto nella recente storia repubblicana. Un provvedimento iniquo che ha drogato il mercato. Brava Meloni». Brava Meloni. Però.

 

 

 

 

TROPPO GENEROSO

Aveva proseguito Carlo Cottarelli, aggiungendo l’allure dell’economista a quello di senatore Dem. «Era un’esagerazione il Superbonus, chiaramente c’era la necessità di sostenere il settore delle costruzioni e si dovrà ancora intervenire, tenendo conto che abbiamo il problema del rinnovamento dei nostri edifici» dichiara l’ex Fondo Monetario e presidente dell’Osservatorio Conti Pubblici «però un bonus al 110% che poteva essere utilizzato con la cessione è una modalità troppo generosa e troppo costosa per lo Stato. Su mia iniziativa, la commissione finanze del Senato ha avviato un’indagine conoscitiva sui crediti di imposta». Bravo Cotta.

 

 

 


Aveva continuato, sul Foglio, Luigi Marattin deputato economico di provata fede renziana. «Il superbonus era da sistemare per le cialtronate M5s (proprio così: cialtronate! ndr). Il decreto legge andava fatto. Ora il governo deve garantire che il problema delle aziende a rischio liquidità per i crediti incagliati venga risolto», era stato tranchant, il deputato del Terzo polo. Eppoi, ecco avanzare Paolo Gentiloni, Pd, implacabile e sussurrato commissario economico Ue, pronto a dichiarare in veste ufficiale all’Otto e mezzo della Lilli Gruber: «Prendiamo atto della decisione del governo italiano sul Superbonus. Tra gli obiettivi della misura ce ne era uno che ci stava molto a cuore, quello di migliorare le classi energetiche delle abitazioni. Riconosco però le preoccupazioni del ministro Giorgetti sulle conseguenze sui conti pubblici». Prendiamo atto del casino, sintetizza. Che è un po’ come affermare: Giorgetti ha ragione da vendere sul possibile sfascio dei conti pubblici a causa d’una misura disastrosa, tant’è che pure Draghi vi aveva avvertito. Pure Draghi. Insomma. Nell’aria rarefatta di un governo colpito da debiti che non pensava di caricarsi (uno sforamento di 37 miliardi su 110 di spesa), i naturali oppositori della Meloni, specie da sinistra, si dimostrano oggi scarichi nella ferocia delle critiche e quasi solidali per l’approccio deciso al problema che Meloni stessa sta ostentando.

 

 

 

TERTIUM NON DATUR

Tranne Il Fatto Quotidiano e il M5s che sul Superbonus e sul Reddito di Cittadinanza ha costruito la sua fortuna politica, non c’è nessuno degli oppositori a Palazzo Chigi che entri nella contestazione del merito della misura. O si faceva, o si schiantavano i conti dello Stato. Tertium non datur. Perfino La Stampa, il quotidiano più solidamente antogovernativo,ammette nell’editoriale di prima pagina a firma di Stefano Lepri: «Forse mai finora aveva fatto tanto danno alla finanza pubblica, ai soldi di noi tutti, un unico provvedimento. Il superbonus ha aperto una falla di 120 miliardi di euro che se il governo non fosse intervenuto avrebbe continuato ad allargarsi di 3-4 miliardi al mese. Ha distribuito molto denaro – due terzi di tutto il Pnrr! – a pochi cittadini, in 51.000 condominii e 215.000 case unifamiliari. Sarebbe stato meglio intervenire prima. Il superbonus è il frutto avvelenato della legislatura 2018-2022 in cui il Movimento 5 stelle è stato sempre al governo». Il veleno sta nella coda. Ma, al limite, si rimprovera a Meloni di non avere rispettato le promesse sovraniste della campagna elettorale dall’opposizione; e di essere diventata draghiana nel metodo a tutti gli effetti. E meno male. La risposta sarebbe: solo i cretini non cambiano idea. Poi certo, in giro, per l’opposizione c’è gente intelligentissima...

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