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Pietro Senaldi: Repubblica e Stampa danno i numeri

Pietro Senaldi
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Il piatto piange. Il governo annuncia che sta cercando una trentina di miliardi per varare in autunno una finanziaria come Meloni comanda e i giornali dell’opposizione subito sentono odore di scoop. Repubblica fa sapere che in cassa c’è solo una decina di miliardi, mentre per la Stampa il gruzzoletto sarebbe ancora più limitato: quattro scarsi. Sono a rischio perfino taglio del cuneo fiscale e adeguamento delle pensioni minime, informano pensosi, annunciando prossimi tagli alla sanità e all’istruzione.

 

 

 

Le cifre sono a caso, è evidente, ma questo non deve stupire, si marcia divisi per colpire uniti e il messaggio è lo stesso: il governo ha le pezze al sedere e stavolta non basteranno 80 euro, quelli allungati dalla premier al ristoratore albanese truffato dai turisti italiani scrocconi, per venirne a capo. Quello che conta è creare il clima d’allarme, sperando che automaticamente produca un calo di sfiducia nei confronti del premier. Infatti entrambe le testate dedicano all’argomento l’apertura del giornale e la corredano chi con un’intervista a Landini, che chiede un incontro alla Meloni per affrontare il tema del lavoro povero, chi sentendo Cottarelli, che invoca un taglio drastico delle spese. I più attenti ricorderanno che la ricetta della sinistra per rimpinguare i salari sotto il minimo era farli pagare dallo Stato e che mister spending review è stato licenziato dal governo del Pd perché voleva chiudere i cordoni delle borse pubbliche, ma questo non si poteva fare perché avrebbe impedito a Renzi di vincere le elezioni con gli 80 euro, questi sì, a differenza di quelli ferragostani di Valona, pagati da Pantalone e non dal premier.

Dobbiamo preoccuparci? Fate voi, segue qui una breve guida alla lettura di eventi e commenti. La cosa vera è che il governo cerca soldi e che il premier ha raccomandato ai ministri di essere parchi nelle loro richieste in Finanziaria. Tutto il resto sono fantasie. Primo perché a Palazzo Chigi non hanno ancora trovato la soluzione, secondo perché quando la troveranno, gli ultimi a saperlo saranno i quotidiani che reggono il moccolo alle opposizioni. Altro tema di cui tenere conto è che, se si ha buona memoria, quando nell’ottobre scorso il governo si insediò, tutti, premier in testa, erano preoccupatissimi; gli stessi giornali in ansia per i 20-25 miliardi da trovare oggi prevedevano un anno disastroso per il Paese, con bollette alle stelle e recessione inevitabile. A distanza di dieci mesi non è il caso di stappare champagne ma possiamo dire che le cose non sono andate in modo così drammatico.

 

 

 

 

TORMENTONE

Questo tormentone della Finanziaria ci accompagnerà per i prossimi tre mesi, come prima dell’estate ci ha accompagnato quello sul Pnrr, del quale a detta dei soliti uccellacci del malaugurio a mezzo stampa non avremmo dovuto vedere un euro e che invece è stato poi finanziato da Bruxelles. L’opposizione grida “al lupo al lupo”, come nella favola di Esopo, con la sola differenza che Schlein e Conte si augurano che il lupo arrivi, alla faccia delle pecorelle, che sarebbero i cittadini italiani, i quali devono scontare la colpa di aver votato il centrodestra e non loro e quindi meritano di essere sbranati. Che poi, sia ben chiaro, se finiremo nel baratro la colpa principale sarà dei giallorossi, perché la crescita a colpi di superbonus, assistenzialismo selvaggio e sforamento del debito ha come conseguenza la recessione. Sta accadendo perfino in Germania e Olanda, per non lanciarsi in analisi più approfondite sul tracollo del sistema cinese e il tramonto di quello statunitense... Poiché noi di Libero non abbiamo intenzione di prendere in giro i nostri lettori, non siamo qui a rassicurare che non ci sono problemi di cassa o che la finanziaria è già scritta. La sola cosa che ci porta a essere ottimisti è che stavolta in cabina di regia abbiamo qualcuno che non è disposto a rompere il salvadanaio o firmare cambiali in bianco per qualche milione di voto in più alle prossime Europee; anche perché le euro-vittorie dei due Mattei hanno dimostrato che non sono consensi che poi ti blindano a Roma. Sanità, salari adeguati, formazione, riduzione delle tasse: la Meloni è consapevole che sarà da questo che la giudicheranno gli italiani, molto più che dagli uteri in affitto, e che non è tempo di provvedimenti demagogici, che peraltro - M5S insegna - pagano poco nell’urna. Da qui a tre mesi tutti daranno buoni consigli, soprattutto quelli che quando toccava loro hanno dato cattivo esempio e hanno contribuito a scassare i forzieri dello Stato. Ognuno di questi suggerimenti nasconderà una trappola e un interesse di parte. Alla presidente del Consiglio, più che una buona caccia al tesoro, auguriamo di riuscire a fare un buono slalom. 

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