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Pontida, dall'intuizione di Bossi alla svolta di Salvini: la storia del pratone

Fabio Rubini
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Spiegare cos’è e cosa rappresenta Pontida per la Lega non è cosa semplice. In oltre trent’anni sul “sacro pratone” - come lo chiamano da sempre i militanti- si sono alternate generazioni di leghisti, ognuna con le proprie parole d’ordine. Negli anni pionieristici il grosso del popolo di Pondida era formato da 40-50enni spesso delusi da precedenti esperienze politiche e dal tonfo, complice le inchieste di Tangentopoli, dei partiti della Prima Repubblica. Accanto a loro c’erano anche alcuni giovani, attirati dall’aria rivoluzionaria di Umberto Bossi e dalle idee del nuovo movimento che si andava formando. Concetti quali federalismo (la secessione e tutta l’epopea della Padania arriverà più avanti) e la lotta allo statalismo dilagante nel Paese. Fino ad arrivare a quella che allora era la madre di tutte le battaglie: la guerra senza confini all’assistenzialismo, plasticamente rappresentata dal manifesto passato alla storia come “La gallina dalle uova d’oro”, quello dove una pasciuta contadina che rappresenta il Sud sprecone e parassita (come lo dipingeva l’ideologo Gianfranco Miglio), è intenta a raccogliere le uova d’oro prodotte da una gallina che simboleggia il Nord che lavora e produce Pil.

QUESTIONE DI CARISMA
Un concetto rivoluzionario soprattutto per molti giovani (ma non solo) che all’epoca hanno rappresentato il primo vagito di quel movimento giovanile che vent’anni dopo ha fatto la fortuna della Lega Nazionale. Lo stesso Matteo Salvini ne è stato a lungo responsabile nazionale (o meglio federale per usare il gergo leghista) e da quella cantera ha pescato buona parte dell’attuale classe dirigente. Ragazzi alla prima esperienza politica, che più di ogni altri hanno avuto il privilegio di vedere tutti o quasi i cambiamenti della Lega. Cambiamenti che inevitabilmente sono passati dal palco e dal prato di Pontida. Già, perché il raduno è anche una sorta di congresso “alla buona” dove basta osservare bandiere e cartelli per interpretare gli umori della base. Pontida per il “popolo della Lega”, però è anche un’altra cosa: è il ritrovarsi tutti assieme; è il fare comunità; è il trasmettersi l’uno con l’altro l’energia necessaria per affrontare le nuove battaglie e i nuovi traguardi che il “Capo” lancia dal palco. Anno dopo anno, raduno dopo raduno, segretario dopo segretario. E allora eccola, per sommi capi la storia dei momenti salienti di Pontida.

 


Il raduno nasce nel 1990 da un’intuizione di Umberto Bossi che aveva la necessità di cementare la nascita della Lega Nord, cioè l’unione delle varie Leghe regionali in una federazione. Quale miglior luogo di Pontida, la località della Bergamasca dove il 7 aprile 1167 si diedero convegno i Comuni di Milano, Lodi, Ferrara, Piacenza e Parma, per siglare sotto la guida di Alberto da Giussano la nascita della Lega Lombarda che avrebbe sconfitto il Barbarossa? La prima Pontida risale al marzo 1990, ma è per pochi intimi. Il Carroccio, però, è in pieno boom elettorale e appena due mesi dopo, un secondo raduno vede salire sul palco per giurare fedeltà al Nord e al popolo leghista, circa 800 amministratori e consiglieri comunali appena eletti. Da lì per il raduno è un crescendo, di pubblico e di stampa. Nell’aprile 1994 Bossi chiede al suo popolo il via libera alla fiducia al primo governo Berlusconi, che durerà pochi mesi, cui seguirà la fase secessionista della Lega. Infatti nel marzo 1996 Bossi lancia la “Costituzione” e il “Governo” della Padania. Una visione che culminerà il 15 settembre nell’imponente marcia sul Po.

La Pontida emotivamente più forte, però, resterà per sempre quella del 2005. Dopo un anno passato tra la vita e la morte a seguito del malore che colpì il fondatore l’anno prima, Bossi torna sul parco di Pontida e il prato si bagna delle lacrime che scendono copiose dai volti dei militanti che ritrovano il loro leone. Da quel raduno, però, partono anche le vicende del “cerchio magico” che culminano nel 2011 con la comparsa sul prato dello striscione inneggiante a “Maroni premier”. È solo il preludio di quello che succederà nel 2012 con la notte delle scope, l’abdicazione di Bossi e l’elezione a segretario di Roberto Maroni, che si presenterà a Pontida sventolando sul palco le buste con i diamanti di Belsito, promettendo ai militanti che i soldi ricavati dalla loro vendita sarebbero finiti alle sezioni. Sono gli anni dei “Barbari sognanti”. E anche quelli dell’ascesa ai posti di comando di Matteo Salvini, che nel 2014 prenderà in mano la Lega e proprio da Pontida, nel 2017, darà il via alla “grande traversata” del Lega, con la storica frase: «Da oggi parte una lunga marcia per cambiare il Paese».

 


PASSIONE E AUTONOMIA
Cambiano le parole d’ordine, gli avversari da combattere e la ragione sociale della Lega, che da “sindacato del Nord” si trasforma in partito nazionale. Così gli slogan sul Nord libero, sulla Padania e sulla secessione - già ammorbidita dal “Prima il Nord” di Maroni - vengono sostituiti dal “Prima gli italiani” di Salvini. L’antico nemico “Roma ladrona” viene ribaltato. E così il Sud diventa un territorio da valorizzare e far ripartire e la Roma tentacolare è oggi lo strumento per dare l’assalto al nuovo nemico: l’Europa dei burocrati. Una svolta che fa discutere, ma che paga. Anche oggi che la Lega viaggia sul 10%. Una percentuale che in passato era impensabile da raggiungere. E tutti, ma proprio tutti i cambiamenti della Lega sono passato da Pontida e da quel pratone dal quale domenica Salvini lancerà la crociata verso le elezioni europee del 2024. Due sole cose in tutti questi anni sono rimaste intatte: la passione del “popolo di Pontida” e la voglia di Autonomia. 

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