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Zingaretti, i furbetti del cartellino nel suo staff: esplode lo scandalo

Tommaso Montesano
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Nicola Zingaretti è stato eletto segretario del Pd il 17 marzo 2019. In quel periodo, l’attuale deputato dem era anche presidente della Regione Lazio. Solo che dal momento dell’elezione alla leadership del partito, in consiglio regionale i suoi colleghi non l’hanno praticamente più visto. «Motivi istituzionali». Così erano giustificate le frequenti assenze del governatore nel 2019. Una spiegazione che non ha mai convinto Davide Barillari, allora consigliere regionale del M5s. «Dice di essere assente per impegni istituzionali - e viene contato presente ai fini del numero legale - invece è a feste e comizi del Pd. Ora se ne occuperà la magistratura». Questo il tweet con il quale Barillari, il 14 novembre 2019, annunciava di aver «denunciato» Zingaretti «per falso» alla procura di Roma. L’esposto era stato presentato poco meno di un mese prima, il 18 ottobre: quattro cartelle con l’aggiunta di allegati.

LE MOSSE DEI PM
Quattro anni dopo, nell’ambito dell’inchiesta nata dalla denuncia dell’ex consigliere regionale grillino, il sostituto procuratore di Roma, Carlo Villani, ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro ex collaboratori del governatore del Lazio (tra questi, l’ex capo della segreteria, Stefano Del Giudice, e l’allora vicecapo di gabinetto, Andrea Cocco). L’udienza preliminare, fa sapere l’agenzia AdnKronos, è in calendario il prossimo 18 gennaio e gli ex collaboratori di Zingaretti dovranno rispondere del reato di falso. In almeno 38 casi, stando alla ricostruzione della procura, gli uomini più vicini a Zingaretti avrebbero falsificato il timbro che riproduceva la firma del vicecapo dell’ufficio di gabinetto, Cocco, per giustificare le assenze del presidente della Regione. Un timbro che sarebbe stato utilizzato anche in assenza del funzionario.

 


Vale la pena precisare che l’ex leader del Pd non è coinvolto nell’inchiesta, dalla quale è totalmente estraneo. I magistrati romani dovranno fare piena luce sul periodo che va dal 29 aprile all’8 agosto 2019. Secondo l’ipotesi dell’accusa, Zingaretti sarebbe stato sì assente dal Consiglio regionale, ma non in veste di governatore, quanto di leader del Pd. «Altro che motivi istituzionali», denunciò all’epoca Barillari. Tra le date sotto la lente di ingrandimento della procura, ad esempio, c’è il 29 aprile 2019. Quel giorno Zingaretti, conteggiato assente per «impegni istituzionali», nel primo pomeriggio partecipò, «in veste di segretario del Partito democratico», ad una manifestazione elettorale a Casal di Principe, in provincia di Caserta, «per supportare il proprio candidato nella campagna elettorale europea».

Quel giorno, inoltre, l’ex presidente del Lazio prese parte a un comizio a Napoli. Ancora: 15 maggio 2019. Nuova assenza per impegni istituzionali dalla seduta del consiglio regionale - con la Giunta quasi sempre guidata dal vicepresidente Daniele Leodori - e partecipazione alla conferenza stampa del Pd presso la sede nazionale di largo del Nazareno. In quell’occasione il partito lanciò il suo “Piano per l’Italia” in compagnia, tra gli altri, di Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia, e Paolo Gentiloni, allora presidente del Pd. C’era da lanciare la volata in vista delle elezioni europee del successivo 26 maggio. Nel corso della giornata, poi, Zingaretti lancerà un appello elettorale dal Lanificio Bellucci di Prato a favore del candidato a sindaco del centrosinistra Matteo Biffoni.

 


INTERROGATIVI
Altra data, altro giro. L’8 agosto 2019 alla Pisana si svolge una seduta fiume per la votazione di due proposte di legge in materia di contrasto al lavoro non regolare in agricoltura. Anche in questo caso Zingaretti è considerato «impegnato in attività istituzionali». Ma quella sera l’allora leader dem era protagonista alla festa dell’Unità di Villalunga, al parco Secchia, in Emilia Romagna, prima di essere stato a Bibbiano all’inaugurazione del “festival D’Enza” insieme ai militanti pd. «Ho presentato tante denunce, finalmente una è andata avanti e un giudice coraggioso l’ho trovato», dice adesso Barillari a Libero.

L’ex consigliere regionale ancorché Zingaretti non sia coinvolto dall’inchiesta punta l’indice sull’ex governatore del Lazio: «Perché lui non è indagato? Davvero è impossibile che non sapesse? Come è possibile che fosse inconsapevole di quello che avveniva nei suoi uffici?». Se sarà accertato lo status di “falso” assente giustificato di Zingaretti, il rischio è di considerare «falsate», a cascata, «tutte le votazioni in aula» incriminate. In serata Barillari ha ulteriormente commentato i primi esiti dell’inchiesta sul sito del suo nuovo movimento, Vita: «L’assenteismo di Zingaretti nei suoi dieci anni come presidente della Regione era eclatante. Io, che in ufficio ci andavo ogni giorno, credo di averlo visto non più di dieci volte. Questa pratica era accettata da tutti, nel silenzio della prassi e del potere del Presidente. Si dovrebbe dimettere oggi stesso».

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