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Pd, quelli che non condannano Hamas: chi sono, cos'hanno detto

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Daniele Dell'Orco
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La nuova frontiera dell'ipocrisia della sinistra è la trattativa sulle bandiere per evitare spaccature. Di fronte all’escalation in Israele, con una base (e non solo) storicamente legata alle rivendicazioni dei palestinesi e piuttosto ambigua nei confronti di Hamas, i partiti più radicali come Sinistra Italiana, Verdi e +Europa hanno posto l’accento sui diritti negati ai palestinesi e sull’oppressione israeliana, pur condannando il terrorismo di Hamas (Fratoianni: «Diritti per i palestinesi e sicurezza per gli israeliani»; Bonelli: «Liberare gli ostaggi e proseguire il percorso di pace»; Bonino: «Intollerabile colpire i civili a Gaza»). La situazione è ben diversa in casa Pd. Se il segretario Elly Schlein si è affrettato a invocare l’isolamento di Hamas (lei stessa nel 2014 da europarlamentare disse di non «essere felice» del testo sulla risoluzione sul riconoscimento dello Stato di Israele), dalla sede nazionale dev’essere arrivata più di qualche direttiva sulle posizioni “di facciata” da tenere da tutti gli altri per evitare di scivolare su qualche buccia di banana.

Nelle grandi città come Roma e Milano, dopo confronti serrati, i sindaci dem sono riusciti a tenere il piede in due scarpe mostrando come gesto di solidarietà la bandiera di Israele affiancandola però a quella della Pace come richiesto a gran voce dagli stessi colleghi di partito, ma non sono poche le realtà in cui la quadratura non si è trovata, come a Lodi, dove il sindaco di centrosinistra proponeva di illuminare il municipio di bianco e azzurro ma il segretario cittadino Pd si è opposto. Così pure il sindaco di Brescia. Diversivi per provare a non perdere del tutto la faccia di fronte a categorie elettorali fortemente pro-pal.

 

 

 

Basti pensare ai collettivi, quelli di fianco ai quali poche settimane addietro tutta la sinistra sfilava nelle piazze contro il “ritorno del fascismo” e che ora hanno tappezzato scuole e università di slogan a sostegno di Hamas. O ai vessilli palestinesi esposti nella piazza della Cgil sabato scorso a Roma. O ai commenti caustici che stanno ricevendo sui social esponenti dem come Laura Boldrini in risposta alla sua condanna verso Hamas.

In generale l’autocensura ha funzionato bene e di scivoloni ce ne sono stati pochi: tipo quello di Mia Diop, giovane astro nascente dei dem schleiniani, membro dell’assemblea nazionale Pd e della segreteria cittadina di Livorno. Sui social, durante gli attacchi di Hamas, ha scritto: «Sempre dalla stessa parte», con tanto di bandiera palestinese e senza nessuna parola di condanna per l’aggressione. Parole poi ritrattate e definite «strumentalizzate» dai suoi avversari interni al congresso locale.

Il fronte più numeroso è comunque quello dei “distratti”, quelli cioè che hanno scelto di togliersi dall’imbarazzo ignorando uno dei più grandi drammi degli ultimi decenni. Rachele Scarpa, parlamentare Pd, che invitava i cittadini a farsi un’opinione sul conflitto arabo-israeliano seguendo canali come “Progetto Palestina” è troppo impegnata a parlare di sagre locali. Raffaele La Regina, ex capolista Pd in Basilicata, è passato da paragonare l’esistenza di Israele a quella degli alieni a ritwittare post cerchiobottisti altrui. Le sardine, con Mattia Santori impegnato a far legalizzare la cannabis, hanno rimosso di avere tra le loro fila Nibras Asfa, moglie del sostenitore di Hamas Suleiman Hijazi, che ha accolto gli attacchi con un “lode a Dio” sui social e che a suo tempo venne addirittura invitato in Parlamento da Michele Piras, dirigente Pd in Sardegna. Uno che dal gioco del silenzio si sta sottraendo e parla di «lancio di razzi di Hamas dopo mesi di arbitrio e abusi nei luoghi sacri e nei territori occupati» da Israele. 

 

 

 

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