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Vittorio Sgarbi, 700mila euro evasi? "Querelo tutti", la furia del sottosegretario

Vittorio Sgarbi

Brunella Bolloli
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Ancora lui, Vittorio Sgarbi. Nell’occhio del ciclone per consulenze d’oro e per una presunta evasione da 700mila euro, il sottosegretario alla Cultura fa sapere che non ci pensa proprio a dimettersi: «Non c’è alcuna possibilità che io lasci l’incarico al ministero». La storia è quella raccontata in questi giorni dal Fatto quotidiano sui “favori retribuiti e i rimborsi dubbi” pretesi dal critico-politico per le varie attività svolte in giro per l’Italia, una lista lunga così da cui emergerebbe una sorta di “Sgarbi-influencer”, nel senso che ogni conferenza, post, inaugurazione nelle vesti di sottosegretario gli avrebbe fatto guadagnare finora almeno 300mila euro, nonostante la leggi vieti a chi ricopre cariche istituzionali di intascare il gettone.

A ciò si deve aggiungere l’inchiesta della procura di Roma per una vicenda che risale al 2020: il mancato pagamento delle tasse all’Agenzia delle Entrate per un totale di circa 715mila euro per un’asta durante la quale Sabrina Colle, fidanzata di Sgarbi, avrebbe acquisito un quadro di grande valore, “Il giardino delle fate”, risalente al 1913 e opera dell’artista Vittorio Zecchin. «Tutte calunnie, quereliamo», è la linea di Sgarbi e della Colle, la quale giura di avere avuto in dono il dipinto dal caro amico Corrado Sforza Fogliani, oggi passato a miglior vita.

 

 

 

Ma il punto non è tanto la vicenda giudiziaria (sulle consulenze d’oro non è stato aperto alcun fascicolo a piazzale Clodio e nelle prossime settimane ci sarà l’avviso conclusione indagine sulla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte), quanto il caso politico. A quanto pare, infatti, Sgarbi sarebbe stato scaricato dal ministro Gennaro Sangiuliano, «indignato» e arcistufo delle intemperanze del suo sottosegretario al punto da avere trasmesso tutte le spese sospette di Sgarbi all’Antitrust, l’autorità che vigila sui conflitti d’interesse degli esponenti del governo, affinché verifichi se le attività di Vittorio sono contrarie alla legge oppure no. «A me sembra di sì», anticipa il titolare dei Beni Culturali, il quale sottolinea di non avere scelto lui Sgarbi, ma in qualche modo di averlo subìto, e di essere impegnato, un giorno sì e l’altro pure, a tamponare le rocambolesche dichiarazioni del sindaco di Arpino, pieno di idee e di creatività, a volte forse fin troppo.

 

 

 

Ci sarebbe infatti anche una Giorgia Meloni «furibonda», stando ai rumors del Transatlantico, sulla questione spese pazze di Sgarbi. In sintesi: il dossier sul “Vittorio-presunto evasore” è già sul tavolo di Palazzo Chigi e se ieri il presidente del Consiglio, impegnata nel dibattito in Parlamento in vista del Consiglio europeo, non ha potuto approfondire, una valutazione ad hoc sarà fatta nei prossimi giorni e non è detto che sarà clemente con il critico d’arte più famoso d’Italia, perché dal siparietto al Maxxi con Morgan in poi, quando c’è di mezzo lui i fuochi d’artificio sono assicurati. Ora però il problema è l’accusa mossa dai pm romani di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

E se tra Sangiuliano e il suo “vice”è in corso un botta e risposta a distanza, con il secondo che denuncia «dossieraggi», interviste «finte» e tramite l’avvocato Giampaolo Cicconi risponde punto per punto alle accuse mosse dal Fatto, l’opposizione al governo Meloni ne approfitta per attaccare. Il Movimento Cinquestelle ha subito presentato alla Camera una mozione di revoca dell’incarico da sottosegretario per Sgarbi. Dal grillino Antonio Caso è arrivata anche la richiesta di un’informativa del ministro della Cultura a cui, infatti, si è subito associato il Partito democratico. 

 

 

 

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