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Sinistra, se "i politicamente corretti" sbattono contro la realtà

Corrado Ocone
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Per ora sono solo indizi, labili e concernenti ambiti diversi e non immediatamente collegabili. Non è ancora una prova, ma l’idea che qualcosa si stia incrinando nell’ideologia rigida della sinistra globale potrebbe non essere peregrina. Un primo colpo alla cultura woke l’ha dato qualche giorno fa il Ceo della Disney, Bob Iger, che ha affermato in una manifestazione pubblica che la multinazionale in futuro, per riprendere slancio e mercato, dovrà concentrarsi sul proprio core business, cioè l’intrattenimento, e non sui messaggi da trasmettere al pubblico.

Se nel caso della Disney, che non poco aveva contribuito a diffondere i dogmi progressisti fra gli adolescenti e persino fra i bambini più piccoli, a smuovere le acque sono stati i fallimenti di molte recenti produzioni, un bagno di realismo può essere invece considerata la “svolta nuclearista” di molti dei governi convenuti a Dubai alla Cop28, a partire dai democraticissimi e liberal Stati Uniti che hanno chiesto di triplicare la produzione di energia atomica nei prossimi anni. L’atomo, come è noto, pur essendo la più pulita e sicura delle energie, ha costituito per anni un tabù a sinistra, fino a portare in Italia alla chiusura delle centrali in funzione in seguito ad un referendum i cui promotori si erano mossi al grido del tutto irrazionale di «Nucleare? No grazie». La farsa delle energie rinnovabili sempre e comunque è durata per un po’, ma oggi il realismo si impone da solo e a sinistra, dopo Dubai soprattutto, già si sentono le prime rapide conversioni, che come sempre avviene da quelle parti sono rapide e senza un minimo di autocritica.

 

 

 

Il terzo episodio è apparentemente più circoscritto, ma anch’esso è molto significativo. L’altro giorno la commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, che è fra l’altro un esponente di spicco dei socialdemocratici svedesi, ha lanciato l’allarme sul rischio di attentati islamisti nel periodo delle feste natalizie. Di colpo, tutta la retorica dell’accoglienza, del dialogo pacifico fra le culture, degli attentatori come individui “depressi” e isolati, è sembrata crollare.

Vuoi vedere che avevano ragione proprio quegli sporchi e truci “sovranisti” che la sinistra al potere aveva catalogato e delegittimato come razzisti e fascisti. Tirando le fila del nostro discorso, potremmo dire che, se gli indizi non ci ingannano, è forse in atto un “ripensamento” in alcune parti della sinistra globale su temi a cui l’ideologia politicamente corretta aveva dato finora risposte preconfezionate. Dovremmo esserne contenti, sedi ripensamento serio, e frutto di travaglio interiore, si trattasse. Se cioè esso nascesse da autocritica, dall’onesto riconoscimento di una parte almeno delle ragioni degli avversari di ieri.

 

 

 

Purtroppo l’impressione è che si tratti, ancora una volta, di una mera operazione di marketing politico ed elettorale: constatato che quei vecchi arnesi non funzionano più perché smentiti dalla realtà e non più spendibili sul mercato delle idee (e non solo), si prova goffamente a sostituirli con altri per raggiungere lo scopo di sempre: conquistare o mantenere il potere. Le idee, quindi, come semplice sovrastruttura, una sorta di nichilismo puro. Che fare a destra se gli indizi mettessero capo presto ad una nuova realtà e la sinistra ci si presentasse rapidamente in una nuova veste, come accadde negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso quando da comunista diventò di colpo europeista senza però mai sconfessare apertamente il proprio passato? Far finta di nulla e compiacersi dei “nuovi arrivati”? Confidare nei cittadini, che sanno riconoscere il vero e l’originale? Smascherare l’inganno e l’ipocrisia? Ironizzare sul fatto che i progressisti, in barba al loro nome, sono sempre quelli del “giorno dopo”? Sì, forse un po’ di tutto questo, ma soprattutto e semplicemente continuare sulla propria strada, opponendo all’ideologia il realismo, alle idee preconfezionate le idee maturate a contatto con la realtà e con i bisogni concreti dei cittadini. La democrazia liberale, a ben vedere, non è altro che questo.

 

 

 

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