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Caccia alle streghe del Pd sulle targhe di Matteotti

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Daniele Dell'Orco
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Alla palazzina di via Giuseppe Pisanelli 40 a Roma, quella dove visse Giacomo Matteotti, si gioca all’indovina chi. La sinistra cerca assolutamente di scoprire chi siano i pericolosi sovversivi alto-borghesi (e quindi per forza di cose fascisti) che hanno osato votare contro l’apposizione davanti al portone del palazzo signorile di una nuova, e più grande, targa commemorativa dedicata al segretario del partito socialista, ucciso di botte dalle squadracce in camicia nera il 10 giugno 1924. I cronisti di Repubblica lo definiscono uno «schiaffo alla memoria», e per questo hanno scelto di piantonare il portone d’ingresso per intercettare gli inquilini e chiedere conto della scelta.

Tra le accuse, nemmeno troppo velate, di nostalgismi vari, Repubblica non si accontenta di alcune delle spiegazioni più logiche, ovverosia che la targa, che c’è già, sarebbe più che sufficente pur non avendo alcun riferimento alla “mano fascista” sull’assassinio.

LA MOSSA DEL COMUNE - Cosa che il Comune di Roma a guida Pd non ha perso occasione di rimarcare alla vigilia del centesimo anniversario dell’omicidio e, pur di fare qualcosa di nuovo, ha inventato questa assoluta necessità di specificazione, proponendo di apporre una nuova targa, che contenga stavolta tutto, di dimensioni 90x80.

Quella preesistente venne donata dall’architetto Paolo Marocchi, proprietario di un attico al quinto piano della medesima palazzina, già 15 anni fa, a riprova dell’assenza di dna apologetico tra gli inquilini. Solo che c’è scritto che Matteotti il 10 giugno 1924 «andò incontro alla morte». Fine.

 

 

In prima votazione i condomini scelsero di tenere quella targa, bollando l’altra come «volgarissima». Marocchi, che insomma è architetto e magari al gusto degli arredi del suo palazzo cerca di far caso, molto più che alle necessità elettorali della sinistra dem, aveva spiegato di non aver scritto nulla di specifico sulla targa originale «perché c’era il timore che i neofascisti potessero imbrattarla o distruggerla».

Al di là del fatto che, specie in tempi recenti, da quando i progressisti hanno scelto di riesumane lo spettro del fascismo la pratica di imbrattare le targhe, di vandalizzarle odi distruggerle del tutto è tipica della cancel culture di sinistra e ad essere bersagliate sono le lastre di chiunque venga, a torto o a ragione, accusato di connivenza col fascismo. Ma comunque la motivazione di Marocchi, condivisa dalla maggior parte dei condomini, era ed è evidentemente legata a valutazioni estetiche. Ora però, dopo il polverone mediatico, i condomini si ritrovano cornuti e mazziati.

L’ACCORDO IMPOSTO - Primo perché, vista la pressione generale, al termine della nuova riunione che si è tenuta pochi giorni fa e che all’ordine del giorno esaminava anche la proposta di Comune di Roma e Sovrintendenza capitolina in accordo con la Fondazione Matteotti, i residenti in assemblea hanno dovuto accordare obtorto collo, a maggioranza di 7 su 11 presenti, il posizionamento della nuova targa, a patto però di collocarla esattamente al posto della preesistente e con dimensioni “ridotte” a 60 centimetri di base e 45 circa di altezza, sempre in travertino romano. Ma, ora che se ne sta parlando così diffusamente, magari potrà saltare davvero in mente a qualche matto l’intenzione di andare avandalizzare la nuova dicitura: «In questa casa visse il deputato socialista Giacomo Matteotti (1885-1924) fino al giorno del suo vile assassinio. Roma ricorda la sua battaglia in difesa della giustizia sociale e della democrazia».

 

 

Il Comune poi, pur di non cedere, perché ormai qualcosa bisognava fare, ha accettato anche di evitare, come da proposta originale, l’appellativo di «martire del socialismo» riferito a Matteotti a beneficio di un più blando (ma forse più corretto) difensore «della giustizia sociale». Insomma, tutti che sorridono a mezza bocca, ma per l’assessore alla Cultura Miguel Gotor e il sindaco Roberto Gualtieri un bel selfie da sfoggiare nel giorno del centenario di un brutale assassinio vale lo scontento.

IL CASO ALESSANDRIA - È questione di priorità. Come ad Alessandria del resto, dove la centrale Piazza dei parchi è già intitolata a Giacomo Matteotti con una targa in cui si riporta solo la dicitura «medico e deputato». Ora però il consiglio comunale su iniziativa dei consiglieri, guarda caso sempre Pd, ha inviato un’interpellanza al sindaco per sostituire la lastra con un’altra che possa contenere esplicito riferimento all’uomo «che ebbe il coraggio di denunciare pubblicamente la deriva autoritaria e antidemocratica di Benito Mussolini andando incontro ad una morte violenta». Roba da far stancare il braccio allo scalpellino.

Sui social legati ai media locali che riportano la notizia si è levato un coro quasi unanime che invita i consiglieri ad occuparsi di questioni ben più urgenti circa l’amministrazione della città. Ma, si sa, il Pd soffre di una grave forma di allergia congenita: al contatto con la realtà.
 

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