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Marine Le Pen? Giornali di sinistra sconvolti perché chi vince vuole governare

Giovanni Sallusti
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È inaccettabile: dopo aver vinto, le destre (da declinare rigorosamente al plurale, per rendere l’idea che trattasi di squadracce abusive) pretendono persino di governare. È l’offesa suprema per l’establishment giornalistico italico, o quel che ne resta. La più imbizzarrita ieri era Repubblica, più che un’edizione del giornale pareva una crisi di nervi messa su pagina.

«Involuzione francese», la stizza sotto forma di titolo: questi dannati mangiarane non solo si sono permessi di dare una maggioranza innominabile a Madame Le Pen, ma fanno persino registrare l’ovvietà più temuta, la convergenza delle forze di centrodestra. In giornata è poi deflagrata la guerra interna ai Républicains sull’alleanza col Rassemblement National, ma per il quotidiano la morale era già chiara: hanno «distrutto il sogno di De Gaulle».

 

Vagli a spiegare che ad esempio Marine propone non l’uscita dalla Nato (è nazionalista, non masochista) ma l’uscita dal «comando integrato», ovvero proprio ciò che fece il Generale. In ogni caso, ci avvisa un editoriale in lacrime di Claudio Tito, «l’allarme a Bruxelles è già scattato»: il trionfo lepenista e il possibile bis alle imminenti legislative comportano seriamente «il rischio paralisi in Europa».

 

 

Se vince la destra, il continente si paralizza: è la democrazia schizoide dei sinceri democratici. Per questo s’invoca la composizione in fretta e furia di un governo europeo prima del nuovo voto d’Oltralpe, attorno a una rabberciatissima maggioranza Ursula, ovvero una maggioranza che incarni proprio le politiche dirigiste ed ecotalebane asfaltate in Francia, sconfitte in Italia dove il centrodestra è ancora maggioranza e sotto scacco anche in Germania, dove la progressista Spd è per la prima volta terzo partito, superata da Afd.

 

 

Un governo europeo contro i tre Paesi membri di gran lunga più importanti storicamente, economicamente, culturalmente. Una follia, per qualunque avventore del bar sotto casa. L’unico obiettivo rimasto, per il Giornale Unico nostrano. Infatti Rep accusa Giorgia Meloni di tramare nell’ombra (nera, ovviamente) per ottenere «un patto segreto con Marine». Pare addirittura che la premier «abbia avuto almeno un contatto con Le Pen», e qui siamo all’intollerabile: la capa dei conservatori europei fa politica, e la fa addirittura confrontandosi nel proprio campo, il centrodestra, e non coi socialisti spagnoli o coi verdi danesi, come aggraderebbe a Repubblica.
«Il fronte delle destre» fa capolino a tutta pagina anche su La Stampa, è proprio un assillo radicato nel Gruppo Gedi (quando a dialogare sono le sinistre si parla invece di un ben più tranquillizzante “campo largo”).

Addirittura, ci avvisa il quotidiano torinese nelle pagine interne, «la vittoria lepenista spaventa i francesi». Devono essere dei francesi nuovi rispetto a quelli del giorno prima, che avevano conferito al Rassemblement il 32% dei consensi, facendogli più che doppiare il partit(in)o di Macron. Non si tiene del tutto fuori dalla competizione nemmeno il Corriere, che ospita la meditabonda lenzuolata di un certo Veltroni sul «senso di disincanto che spinge il non voto». Se perde la sinistra, non è perché vince la destra: è perché c’è il disincanto. Tutto, ma non il normale funzionamento della democrazia, ovviamente.

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