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Giuseppe Conte spara a Matteo Renzi per attaccare Elly Schlein

Francesco Damato
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Alla luce di quanto è accaduto in Liguria, dove Giuseppe Conte è riuscito ad estromettere dalla campagna elettorale del cosiddetto campo largo dell’alternativa Matteo Renzi, per quanto questi avesse accettato di parteciparvi senza insegne ma solo con qualche candidato al nuovo Consiglio regionale, si può ragionevolmente sostenere che il presidente delle 5 Stelle, o di ciò che ne rimarrà dopo la rottura in corso col fondatore, garante, consulente Beppe Grillo, più che da Renzi sia ossessionato dalla segretaria del Pd Elly Schlein.

Alla cui elezione, come ha giustamente ricordato di recente la sondaggista Alessandra Ghisleri in una intervista, i pentastellati pur contribuirono in modo forse decisivo più di due anni fa partecipando alle primarie. E neppure da imbucati, perché esse erano aperte anche ai non iscritti per una norma dello statuto che aveva motivato a suo tempo il rifiuto del vecchio, saggio Emanuele Macaluso di aderire all’ultima “cosa” prodotta dalla trasformazione del suo Pci.

 

 

Grazie a quelli che allora si potevano ancora considerare grillini e contiani nello stesso tempo, senza imbarazzi e contorsioni, la Schlein prevalse nella corsa al Nazareno su Stefano Bonaccini, già scelto dagli iscritti e costretto a ripiegare prima sulla presidenza del partito e poi sull’ancora più lontano Parlamento europeo. Viene da chiedersi adesso se Conte avesse personalmente voluto e condiviso davvero quel soccorso del suo “popolo” alla Schlein, pur apprezzata pubblicamente per il solo fatto di essere subentrata ad Enrico Letta.

Col quale si era consumata attorno alle spoglie politiche del governo di Mario Draghi la rottura dei rapporti fra il Pd e il Movimento 5 Stelle innaffiati per un paio d’anni da Goffredo Bettini: l’uomo abituato a sussurrare ai dirigenti della sinistra come ai cavalli e quasi convertitosi all’idea di Marco Travaglio che Conte fosse diventato nella storia d’Italia il migliore presidente del Consiglio dopo Camillo Benso conte di Cavour. Migliore di De Gasperi e persino di Massimo D’Alema, che è stato l’unico comunista, o post-comunista, approdato alla guida di un governo italiano con l’aiuto improvvisato, nel 1998, dell’imprevedibile, imprevedibilissimo Francesco Cossiga.

Per sua fortuna, pari però alla sfortuna o alla delusione, o alla preoccupazione di Conte, la Schlein da segretaria del Pd è riuscita generalmente, salvo qualche battuta d’arresto o d’inversione, ad aumentare le distanze elettorali dalle 5 Stelle, cioè il vantaggio. E a prenotare la leadership di una pur improbabile alternativa al centrodestra a trazione meloniana, prima ancora che Matteo Renzi a sorpresa cominciasse a passarle la palla in una partita di calcio, ad abbracciarla davanti ai fotografi e a sostenerne, auspicarne e quant’altro la corsa a Palazzo Chigi.

Questa somma di circostanze elettorali e di palazzo - diciamo così per uscire dal campo da gioco di quella partita di beneficienza all’Aquila fra parlamentari e cantanti - hanno fatto perdere letteralmente la bussola a Conte. Che nell’offensiva ligure contro Renzi ha abbassato la guardia, si è disinibito e, di fatto prendendosela direttamente con la Schlein a Roma, ha avvertito, ammesso e quant’altro la paura di finire - ha detto - fra i “cespugli” del campo dell’alternativa. Che dev’essere per lui notoriamente più “giusto” che largo. E giusto significa che Conte debba trovarsi meglio di tutti gli altri e dire l’ultima, non la penultima parola.

Messa la situazione in questi termini, che non mi sembrano francamente cervellotici, si supera anche la disputa ormai oziosa sugli aggettivi – largo, larghissimo, stretto, strettissimo, minato, santo - del campo dell’alternativa, sul quale Romano Prodi vorrebbe già vedere muoversi “il trattore” di un programma. L’immagine più appropriata mi sembra piuttosto quella di un palazzo con le solite liti condominiali. Ma soprattutto con crepe sempre più numerose e vistose, che ne evidenziano la instabilità.

Un palazzo costruito su un terreno sismico senza rispettare le regole e le precauzioni del caso. Più che resistere, questo edificio mi sembra destinato a crollare addosso a chi imprudentemente vi è già andato ad abitare. E non vi nasconde sotto, per carità, nessun arsenale come nei palazzi di Beirut e di Gaza. È un palazzo semplicemente a rischio di crollo naturale, non di abbattimento.

 

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