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Immigrati irregolari? Perché l'Internazionale leghista è la via giusta

Gianluigi Paragone
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L’Internazionale di Pontida, come titolato egregiamente ieri, è la strada giusta. È la strada che tocca la Pontida che fu, anche se con una grammatica diversa perché differente è la Lega di Salvini da quella di Bossi. Differente ma non aliena: quel prato infatti aveva già sentito parole forti, parole battagliere sull’immigrazione, sulla difesa delle radici, sull’attacco dell’Islam laddove l’Europa si è rammollita. Io c’ero in quelle Pontida, le raccontavo da cronista e poi da direttore della Padania. Ricordo le battaglie di Bossi quando faceva proprie le parole della Fallaci. Così come ho memoria delle azioni di governo di Maroni e di Castelli, allora ministro di Giustizia contro “Forcolandia”. Ricordo Calderoli con la maglietta che riproduceva le famose vignette che facevano satira su Maometto e per questo considerate sataniche.

IL CAMBIAMENTO
Cos’è cambiato allora? Che Salvini è andato oltre rispetto a quella Lega: egli ha unito i puntini con quei partiti che in Europa considerano la difesa dei confini come una priorità politica. L’anno scorso fu la volta di Marine Le Pen, quest’anno di Orban, Wilders e di altri. Una “Internazionale” patriottica, sovranista, che macina consensi e che sa di doversi difendere da sinistra come dai liberali, dall’Europa come dai magistrati: ognuno ha una propria ragione perché falliscano sia il ritorno alla supremazia degli Stati Nazionali rispetto al primato dell’Unione europea; sia le ambizioni di questi leader fuori sincrono rispetto al coro globalista. Salvini è a processo, perché da ministro ha praticato quel che aveva predicato in annidi campagne elettorali: fermò una nave e, rassicurandosi circa lo stato di salute di chi vi fosse sopra tanto più donne, minori e anziani, diede un segnale. In Italia non si sbarca pensando di essere il Bengodi. Ripeto: l’allora ministro dell’Interno oggi è a processo per una azione politica.

 

 

Quel precedente fa paura perché pesa anche oltre confine. E oggi ha trovato una alleanza di leader che come lui respingono l’idea dell’assalto. Per testimonianza diretta posso dire che quello stop (che al leader della Lega procurò una montagna di consensi) fece ingelosire gli alleati Cinquestelle, a cominciare dal premier Conte che incaricò Toninelli affinché anche il suo ministero (competente sui porti) toccasse palla; così come ricordo Casalino organizzare un suo tam tam affinché parte del consenso di quello stop salviniano (confermato dai sondaggi) arrivasse anche al Movimento. Oggi il governo Meloni, con Piantedosi al posto di Salvini al Viminale, sta ottenendo altri risultati importanti sul fronte degli sbarchi: numeri mai ottenuti prima. Palazzo Chigi e Viminale hanno modificato la strategia, intessendo rapporti bilaterali coi paesi, per lo più della sponda mediterranea dell’Africa, interessanti alle partenze. Oltre a queste intese, già incardinate nel piano Mattei, c’è l’idea di dirottare una parte determinata di imbarcazioni verso l’hub dell’Albania. Sono certo che vedremo in replica lo stesso film di Salvini: magistrati contro, centrosinistra sul piede di guerra, i giornali d’area pronti con inchieste ad hoc e l’Europa “sorosiana” col ditino puntato. Ecco perché il centrodestra deve restare compatto, capire il senso politico della sfida di Pontida e lasciar perdere iniziative legislative sulla cittadinanza che adesso appaiono un raffazzonato tentativo di piacere a sinistra e al partito di Repubblica.

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