Sei mesi fa- giorno più giorno meno - Massimiliano Romeo, per tutti “Max”, veniva eletto per acclamazione segretario regionale lombardo della Lega. Contemporaneamente è anche il capogruppo della Lega in Senato. Ed è col suo ruolo di parlamentare che ha presentato un disegno di legge per dare maggior libertà di spesa per quelle regioni - Lombardia in primis - che hanno i conti in ordine.
Senatore cosa chiede con questo disegno di legge?
«È molto semplice. Chiediamo maggiore libertà di utilizzare le risorse che vengono assegnate dal Fondo sanitario nazionale senza che lo Stato ci metta dei vincoli».
Può spiegare meglio?
«Oggi lo Stato attribuisce le risorse e dice anche in quali comparti della sanità devi spenderle. Noi chiediamo maggiore autonomia di spesa».
Facciamo l’esempio della sua Lombardia. Cosa cambierebbe?
«Significa consentire alla Lombardia che ha i conti in equilibrio sulla sanità, di scegliere senza chiedere un euro in più allo Stato - i capitoli di spesa sanitaria per i quali c’è più necessità e bisogno, ad esempio pagando gli straordinari ai medici o facendo nuove assunzioni, in modo da abbattere le liste d’attesa. Ecco, questo è il cuore del provvedimento».
Mi faccia fare l’avvocato del diavolo. Non è che questa legge pesterà i piedi al lavoro sull’Autonomia differenziata?
«Assolutamente no. Anzi, è vero il contrario. Si tratta di un provvedimento complementare all’ottimo lavoro che Calderoli sta facendo con l’Autonomia differenziata e Giorgetti col federalismo fiscale. Diciamo che una maggiore libertà di spesa in Sanità può essere vista come un anticipo di quello che verrà... A Roma abbiamo intrapreso un percorso che, lo sappiamo, sarà graduale, ma che deve avere la Lombardia presente e protagonista sui vari tavoli».
Romeo in questi giorni in Lombardia, ma non solo, si fa un gran parlare delle modifiche che la Commissione Ue vuole apportare alla gestione dei fondi di coesione. Qual è la posizione della Lega?
«Questa è un’altra grande battaglia che dobbiamo portare avanti. La gestione di quei fondi - che per la sola Lombardia valgono circa 4 miliardi in 7 anni - non deve essere centralizzata, come sembra vogliano fare. Non si deve togliere alle Regioni la possibilità di poter decidere direttamente come spendere quei soldi, anche perché vengono destinati in gran parte al sostegno ad aziende e formazione».
E poi la Lombardia è molto attenta allo sviluppo economico, come con le Zone di innovazione e sviluppo...
«È un modello nato proprio in Lombardia nel post-Expo, con il polo Mind. Bisogna prendere spunto da lì per creare modelli simili capaci di attrarre investimenti attraverso l’aggregazione tra enti pubblici e privati. Il tutto, naturalmente seguendo quella che è la vocazione economica del territorio».
Restando in tema di autonomia, questa volta energetica, in Lombardia si parla molto di agrivoltaico...
«La Lombardia è una delle regioni agricole più importanti d’Europa ed è anche quella che rischia di essere maggiormente trasformata da questo fenomeno. Capisco che l’Ue ha fissato paletti affinché si arrivi a un’autonomia energetica data soprattutto da fonti rinnovabili, ma bisogna stare attenti».
Qual è il rischio?
«Che si devasti il territorio. Noi non possiamo consentirlo. Ricordo un vecchio manifesto della Lega che diceva così: “Lottare contro la devastazione del territorio, plasmato e difeso dalle generazioni precedenti. Patrimonio che abbiamo il dovere di trasmettere integro alle prossime generazioni”».
Quindi, che fare?
«È giusto perseguire l’autonomia energetica anche attraverso le fonti rinnovabili, ma bisogna farlo con equilibrio e buonsenso, preservando il nostro territorio. In Lombardia stiamo trattando con Roma per inserire nella legge nazionale norme restrittive a tutela del territorio».
All’inzio si diceva dei suoi primi sei mesi di segreteria. Facciamo un primo bilancio?
«Abbiamo riconfermato il 95% della militanza ed entro l’anno supereremo il numero di sostenitori rispetto al 2024. Poi certo, mi aspetto decisamente di più. Bisogna insistere e lavorare per tornare attrattivi sul territorio. E per farlo servono tematiche lombarde, identitarie e affrontare la questione del Nord».
Torniamo alle cose politiche. Nel suo discorso d’insediamento aveva parlato del ruolo della Lega Lombarda rispetto alla Lega nazionale. È ancora di quel parere?
«Sì. Il modello è quello della CDU-CSU bavarese. C’è la grande famiglia della Lega nazionale che sta al governo a Roma e quella dei territori che deve avere un giusto grado di autonomia per portare avanti le sue battaglie».
Che ne pensa del voto sul terzo mandato?
«Si è persa un’occasione che andava sfruttata meglio. Il centrodestra deve imparare a parlarsi di più a tutti i livelli. Se no è difficile fare sintesi».
Il riscatto potrebbe arrivare con la discussione sul rinvio del voto regionale?
«Sarebbe una cosa logica».
Ultima domanda. Tra circa due anni si vota a Milano. A che punto siamo?
«Come Lega stiamo investendo molto sul tavolo regionale che coinvolge tutti gli attori milanesi. Stiamo raccogliendo suggerimenti anche dai cittadini. Questo perché serve avere una visione della Milano del futuro, dei prossimi 10 anni».
Candidato politico o civico?
«Serve un candidato che ci metta nelle condizioni di essere competitivi. Poi ammetto che abbiamo dei civici molto validi...».