Per salvare l’ex Ilva serve il Tap. Dopo aver dato battaglia per anni contro il gasdotto che porta il metano azero in Italia, ora il Pd cambia idea. Il Tap s’ha da fare. Anzi da allungare. Perché la proposta lanciata dal governatore pugliese - acerrimo nemico dell’infrastruttura - Michele Emiliano prevede di portare il gas del giacimento azero di Shah Deniz a Taranto, dove sorge appunto l’ex Ilva. Insomma, si tratta di prolungare il gasdotto da San Luca (Bari) dove approda adesso, fino alla costa ionica. L’idea Emiliano l’ha lanciata mercoledì al termine dell’audizione nella Commissione 9 del Senato sul decreto legge 92/2025 (sostegno comparti produttivi).
Parlando del progetto di decarbonizzazione dell’Ilva, il governatore ha sottolineato che «sulla questione della nave rigassificatrice non interessa dire nave-sì o nave-no». Perché «se dobbiamo realizzare i forni Dri (per il preridotto, un tipo di ferro che serve ad alimentare i forni elettrici per ottenere acciaio, ndr) servono determinati quantitativi di gas che possono essere portati lì anche dal gasdotto Tap, oppure da Viggiano in Basilicata». Non solo. Emiliano ha pure contestato una direttiva dell’Ue che punta a tutelare l’ambiente.
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Il punto, insomma, è tutt’altro che secondario. Perché a rischio c’è la sopravvivenza stessa dell’impianto di Taranto. Emiliano ha spiegato che ci sono due scenari. Il primo «consentirebbe di mantenere la strategicità dello stabilimento siderurgico di Taranto, continuando a considerarlo il più importante d’Italia e tra i principali in Europa, riducendo i tempi della decarbonizzazione da 12 a 8 anni».
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La battaglia di Emiliano contro il Tap parte nel 2015, quando il governo guidato da Matteo Renzi firmò il decreto di autorizzazione del metanodotto, al fine di consentire l’apertura di una nuova rotta di approvvigionamento di gas estratto nell’area del Caspio in Italia e in Europa. Il governatore fece subito ricorso al Tar appellandosi al mancato rispetto della direttiva Seveso sugli incidenti rilevanti, e impugnando il decreto del governo che non aveva tenuto conto del parere della Regione.
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Troppa grazia, sant’Antonio. Così disse il mercante dalle gambe talmente corte da non riuscire a montare in...Di fronte al rigetto del Tar, Emiliano si appellò quindi al Consiglio di Stato. Che però gli diede torto. I giudici respinero il ricorso confermando che erano state vagliate tutte le possibili ipotesi di approdo e che quella di San Foca era la scelta migliore. Emiliano a quel punto partì per Roma con tutti i sindaci del Pd del Salento a manifestare sotto il governo con la bandiera NoTap. Secondo il governatore quella di Melendugno era una «spiaggia esotica» e Renzi e Calenda, «schiavi della lobby del gas», stavano distruggendo il turismo. Poi a questa scusa negli anni Emiliano, con i nuovi alleati 5 stelle e Fratoianni, aggiungerà il rischio incidenti, il fatto che il Tap avrebbe fatto aumentare i tumori e la distruzione degli ulivi. Iniziarono i ricorsi e le contestazioni contro gli espianti degli ulivi.
Il Tar anche questa volta rigettò il ricorso di Emiliano. Nel frattempo, Snam ha già cominciato la costruzione della Linea Adriatica, un metanodotto di 425 chilometri che, collegandosi al Tap, risalirà dal Salento fino a Minerbio, in provincia di Bologna. Il progetto è finanziato in parte dal Pnrr e dalle tariffe del trasporto gas, ossia i costi sostenuti dagli utenti in bolletta, con l’obiettivo di incrementare la capacità di trasporto del metano lungo la direttrice Sud-Nord, verso l’Europa, rendendo quindi l’Italia un “hub del gas” a tutti gli effetti, come voluto fortemente dal governo Meloni. La coerenza di Palazzo Chigi contro l’incoerenza di Emiliano.