Giorgia Meloni «esca dalla modalità aereo» (Elly Schlein). «È sparita, chiamate Chi l’ha visto» (Giuseppe Conte). «Se i dazi fossero un bambino, Donald Trump sarebbe il genitore 1, mentre Giorgia Meloni il genitore 2» (Riccardo Magi). Il giorno dopo la lettera con cui Donald Trump ha minacciato di imporre dazi al 30% l’opposizione si scatena contro la premier con battute, sarcasmo, giochi di parola e una richiesta, corale, divenire in Parlamento a riferire.
Tra i primi a intervenire c’è il leader del M5S, che cita il celebre programma sulle persone scomparse per punzecchiare Meloni. «Abbiano l’umiltà di ascoltarci e confrontarsi: l’Italia e l’Europa sono più forti e grandi di come le hanno ridotte in questi mesi. Dopo aver sbandierato un suo ruolo centrale nelle trattative con Trump per zero dazi, ora che arrivano le letterine con i dazi al 30% Meloni è sparita: niente video, niente post per spiegare ai cittadini, ai lavoratori e alle imprese».
Infine, le rimprovera una presunta sottomissione a Trump: «Meritiamo governanti che quando parlano della propria Patria sappiano agire di conseguenza, con la schiena dritta». Più tardi interviene anche Elly Schlein, rimproverando alla premier di non parlare «nemmeno di fronte alla prepotenza del suo amico Trump che minaccia dazi al 30% per l’Europa e l’Italia dal primo agosto». Quindi, la battuta: «Meloni scenda per un giorno dal volo con cui viaggia per il mondo a stringere mani fingendo che in Italia vada tutto bene, esca dalla “modalità aereo” e si prenda le sue responsabilità davanti al Parlamento e quindi al Paese».
PIPPO
"C'è ancora margine di manovra per questi negoziati?": questa la domanda posta a Carlo Cottarelli a...Angelo Bonelli, Avs, accusa «la destra italiana» di non difendere l’Europa e nemmeno l’Italia. «Difende Trump. Altro che patrioti: sono traditori della patria». Enrico Borghi, Italia Viva, contesta alla premier di mettersi contro Macron, accusandola di essere troppo benevola nei confronti del presidente americano: «Il trumpismo di Giorgia danneggia l’Italia», accusa. Stesso argomento usato da Magi, di +Europa, che rimprovera a Meloni di aver «sostenuto, condiviso e appoggiato le politiche che hanno portato Donald Trump alla Casa Bianca e che ora il presidente americano sta mettendo in atto». In questo senso, dice, il presidente Usa e Meloni sono «genitore 1 e genitore 2» rispetto ai dazi.
Si distingue Carlo Calenda, che non attacca la premier italiana e non fa battute, ma si limita a osservare che «se la risposta non sarà unitaria coinvolgendo Europa, Giappone, Canada, Vietnam, Corea del Sud, in una risposta coordinata che dica “basta prepotenze, alziamo anche noi i dazi e non compriamo più i titoli di Stato americani”, beh allora Trump sarà sempre più prepotente. Il 30% non è che l’inizio».
Nell’esecutivo prevale la linea di prudenza, nella convinzione che ci siano ancora margini per trattare. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che martedì sarà a Washington per incontrare il segretario di Stato Usa Marco Rubio, invita alla calma: «Il negoziato non è ancora finito, non vogliamo lo scontro con gli Stati Uniti», ha detto. Anche nella maggioranza, però, ci sono toni differenti. Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, replica agli attacchi della sinistra: «Anche davanti alla crisi dei dazi, l’opposizione dimostra tutta la sua pochezza. Gli italiani sono rassicurati da una nazione guidata da Meloni». Forza Italia non ha gradito la posizione della Lega, che si è scagliata contro la Commissione Ue: «Ci troviamo in questa situazione», ha detto Claudio Durigon, «per colpa di questa Unione guidata da Ursula von der Leyen a completa trazione tedesca» e ha detto di «non condividere la linea dura» della presidente della Commissione, alla quale chiede «più spazio di azione ai singoli Paesi nella mediazione». Immediata la reazione degli azzurri: «Chi scarica le colpe di Trump su altri», ha replicato Maurizio Gasparri, capogruppo di Fi al Senato, «cerca di difendere una posizione sbagliata, l’Europa ha affrontato il negoziato e continuerà a difendere le nostre imprese».
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Quando i mari sono agitati bisogna rivolgersi ai capitani. In questo caso capitani d’impresa. Antonio D’Amat...Mentre Alessandro Cattaneo ha invitato l’alleato ad abbassare i toni, perché la situazione «impone l’unità del governo e dell’Europa». Ma la Lega non molla e ha replicato con Claudio Borghi rilanciando la necessità di «trattative bilaterali». Da via della Scrofa, ieri, arrivava l’invito alla «responsabilità». «Non è il momento di alzare polveroni», è la linea.