L’intervista di Giorgia Meloni su Time Ve la ricordate questa? «L’Italia è isolata!», è uno dei titoli preferiti della stampa di sinistra, il ritornello dei compagni, il commento del Giornalista Unico che si presenta nei talk show (sempre a senso unico) e regolarmente non ne azzecca mai una. Il tempo come sempre è galantuomo, nel caso di Giorgia Meloni è stato rapido. Ieri la premier ha collezionato la copertina del settimanale americano Time, che la presenta come il leader che ha uno stile di governo che «può cambiare il mondo»; un servizio di The Hill, lettura indispensabile per comprendere la politica di Washington, che la paragona alla «nuova Lady di Ferro» (la premier britannica Margaret Thatcher) come partner forte (e competitivo) della Casa Bianca; la copertina del settimanale francese Le Point che titola su «L’incredibile Italia» e la Meloni, «l’acrobata» che impone il suo «pragmatismo». Tre a zero in un solo giorno, cribbio, sembra un «complotto», scatterà l’allarme democratico nelle redazioni delle schiene dritte pendenti a sinistra.
Quello che colpisce di questo “triplete” è l’approccio della stampa estera nei confronti di Meloni, del suo governo e dell’Italia: c’è interesse per la formula di governo e le sue politiche, c’è curiosità per il “fenomeno Meloni” che dalla politica passa al costume, c’è il riconoscimento (che non significa per forza adesione, ma onestà nel valutarlo) del lavoro svolto in uno scenario che è il più grave dal dopoguerra. C’è soprattutto una differenza abissale tra questo metodo di lavoro giornalistico e il coro dei commentatori che ogni giorno in Italia dipingono una nazione allo sbando e senza una guida, un racconto che non esce quasi mai dal registro apocalittico, manda in rotativa e in tv una falsa rappresentazione della realtà e spesso sfocia nell’insulto, nella mostrificazione e mortificazione della persona e dell’istituzione che rappresenta. Come è già accaduto, non mancheranno in futuro articoli di segno contrario e opinioni molto critiche, ma la cifra stilistica complessiva, la misura scelta per raccontare l’Italia e il lavoro di Meloni è un cambio netto rispetto a quello usato nei confronti di altri governi che pure godevano del favore dei media, per vicinanza ideologica o convenienza del momento.
Il governo italiano, la sua formula che è diventata un fattore di continuità, la leadership di Meloni, il suo ruolo di decisore e federatore di forze diverse nel terreno comune del conservatorismo, sono un elemento nuovo del laboratorio politico globale, la formula di cui si cerca il segreto in uno scenario di instabilità crescente, soprattutto in quelle nazioni che la precarietà dei governi non l’avevano sperimentata come una “malattia di sistema”, come la Germania e la Francia. Meloni ha invertito la rotta e ribaltato lo stereotipo sui governi italiani, non solo, con una notevole serie di dati economici positivi ha messo in luce che la linea della prudenza, della disciplina di bilancio, dei piccoli passi e del pragmatismo, sono un esempio da seguire.
Ricordo bene chi, all’inizio dell’esperienza di governo, raccontava agli italiani che presto sarebbe arrivato il diluvio universale. I fatti - e la rassegna stampa di quei giorni e di quelli dopo - sono a disposizione di tutti. All’estero li guardano, quei numeri, in Italia si fa finta di niente, si confida nella mancanza di memoria e si va avanti nella rissa quotidiana, con i dotti economisti da talk show che ci spiegano la fine del mondo, mentre a crollare sono le loro previsioni tutte sbagliate. Prendete l’allarme fascismo, all’estero non se lo filano perché i fatti del governo Melonila sua postura atlantista e europeista - lo smentiscono nettamente, sulle pagine dei giornali della sinistra appare e scompare come un fantasma.
Gli allarmi democratici sono percepiti come propaganda che sfocia nel ridicolo. Come si diceva un tempo? «Una risata vi seppellirà». Sono già sottoterra.