Trump, quelle profezie sballate della stampa progressista

di Tommaso Montesanomercoledì 20 agosto 2025
Trump, quelle profezie sballate della stampa progressista

3' di lettura

Quindi ad Anchorage, in Alaska, non c’è stata solo una «sfilata sul tappeto rosso» o «russo» che dir si voglia. A Ferragosto, Donald Trump e Vladimir Putin non si sono limitati a soddisfare – rispettivamente – la propria vanità e il desiderio di uscire dall’isolamento internazionale. Questo nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, a leggere i resoconti della stampa dopo il summit, le intenzioni del presidente americano erano buone, ma l’esito è stato comunque disastroso: «La sconfitta storica di Trump» (Domani); «la ritirata di Trump» (La Stampa); «Trump-Putin, l’intesa non c’è» (Corriere della sera), «Trump sconfitto, non incassa la tregua» (La Repubblica).

Poi c’è stata la maratona nello Studio Ovale di lunedì scorso. Volodymyr Zelensky e i leader Ue alla Casa Bianca, le discussioni sulle garanzie occidentali, i passi avanti verso i prossimi vertici aperti alla Russia, la telefonata di Trump a Vladimir Putin. Insomma, quantomeno l’avvio di un percorso negoziale. Così gli stessi quotidiani che venerdì ridicolizzavano il summit hanno iniziato a correggere il tiro. Senza riuscire, tuttavia, a mascherare la rabbia per la necessità di prendere atto che sì, forse nella lettura dell’esito dell’incontro di Anchorage qualche errore è stato commesso.

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E DONALD DIVENTA «MEDIATORE»

Ecco Repubblica, ad esempio, riconoscere, grazie all’ex direttore Maurizio Molinari, che Trump è ormai assurto al ruolo di mediatore tra le parti: «La difficile mediazione per porre fine alla guerra in Ucraina supera una seconda tappa, riuscendo a mettere sul tavolo altre pedine». Ma se quella di lunedì è stata la seconda tappa, allora tanto disastrosa non deve essere stata la prima, quella in Alaska. Appuntamento «servito a Trump per coinvolgere Vladimir Putin nella trattativa, fargli accettare che l’Ucraina avrà garanzie di sicurezza occidentali». Non proprio un passaggio irrilevante.

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Su questo, dopo aver denunciato l’assenza di «svolta» a Ferragosto, concorda anche il Corriere, che ora - nelle cronache - spiega che la prima cosa spiegata dal Presidente agli alleati è stata «quali fossero le richieste avanzate da Putin nel vertice di Ferragosto». E dunque, anche in questo caso la considerazione viene da sé: non è che venerdì scorso, invece di essere una pura e semplice passerella a favore del presidente russo, si è trattato di un primo tempo indispensabile per l’avvio della trattativa? Certo, come osserva con un pizzico di livore l’ambasciatore Stefano Stefanini sulla Stampa, le incognite sono molte- le garanzie occidentali fuori dall’ombrello della Nato, l’assenza del cessate il fuoco, un trilaterale tutto da costruire - al punto che tra Usa e Ue «rimane un fossato», ma intanto il negoziato non è più un’utopia. Avvenire, che dopo l’incontro di Anchorage aveva gridato, senza fantasia, al «tappeto russo», ieri è stato costretto a sterzare sugli aspetti tecnici: «Si scoprono le carte». Ovvero: «Spiragli di pace per l’Ucraina dalla Casa Bianca».

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CORTOCIRCUITO SULL’ABITO

Difficile da mandar giù quando solo pochi giorni prima si è gongolato per il «Trump sconfitto» e invece ora si scopre che il tycoon è il regista della tela diplomatica nella quale sono coinvolti tutti i protagonisti della crisi. Così sull’edizione on line di Repubblica fanno di tutto per minimizzare il ruolo del presidente degli Stati Uniti. L’incontro allo Studio Ovale? «Il Guardian dice molto fumo e poco arrosto». Le sei guerre che il tycoon rivendica di aver fatto cessare? «Quali sono e perché non è vero». Il cambio d’abito di Zelensky (via la felpa militare per giacca e camicia)?

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«Lo stilista: il nuovo outfit non era una risposta alle critiche della Casa Bianca». Eppure è stata proprio Repubblica, con la firma di Gianni Riotta, a magnificare a pagina 3 la scelta stilistica di Volodymyr: «In giacca, ma senza cravatta riconquista lo Studio Ovale». Una scelta precisa e voluta, quella di cambiare d’abito, per evitare di offrire pretesti per nuove polemiche alla platea della Casa Bianca: «Nella forma, dalla sartoria al galateo, Zelensky è stato cortese e disponibile».