Mici: 25 per cento dei ricoveridovuto a complicanze infettive
A Milano un focus multidisciplinare tra gastroenterologi e infettivologi sui rischi infettivi nelle Malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici). Oltre 120 specialisti riuniti per un approccio congiunto
La prevenzione, il riconoscimento e la gestione delle complicanze infettive nelle malattie infiammatorie croniche intestinali è di estrema importanza nell'ambito della corretta gestione multidisciplinare del paziente. In questo approccio, il gastroenterologo svolge il ruolo di coordinatore di un team eterogeneo di specialisti, tra cui ricopre rilevanza assoluta anche l'infettivologo. Di questo si è discusso in occasione del convegno 'Ibd & Infections – Infezioni nelle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali. Meeting congiunto Ig-Ibd Simit'. Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, Mici (Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa) colpiscono circa 250mila italiani. Queste patologie (note anche come IBbd – Inflammatory Bowel Diseases) hanno un rischio intrinseco di complicanze infettive; un rischio che aumenta con l'avanzare delle patologie stesse, con l'età e con l'uso dei farmaci. Tra le infezioni virali, quelle a cui il paziente affetto da Mici risulta esposto sono soprattutto l'epatite B e C. Sebbene la ricerca scientifica abbia compiuto significativi progressi, trovando anche terapie in grado di eliminare l'Hcv in poche settimane e senza effetti collaterali, resta un ampio sommerso, circa 200mila persone che ancora devono essere sottoposte a trattamento; inoltre, alcune categorie più deboli, come detenuti, tossicodipendenti, migranti, possono costituire un serbatoio del virus. Ci sono poi infezioni virali cosiddette opportunistiche, come l'herpes zoster: senza particolari conseguenze per un paziente con un sistema immunitario efficiente, se contratte da un soggetto immunosoppresso possono avere effetti anche molto gravi. Uno studio ha dimostrato che oltre il 25 per cento dei ricoveri ospedalieri nei pazienti affetti da Mici sono legati a infezioni. “Tali infezioni - spiega Spinello Antinori, ordinario di Malattie Infettive presso l'Università di Milano – in particolare la sepsi, la polmonite e l'enterite da Clostridium difficile aumentano di quattro volte il rischio di morte. Tuttavia la disponibilità di nuovi strumenti per la diagnosi precoce così come farmaci di nuova generazione permettono di raggiungere percentuali di successo elevate”. “I rischi estrinseci sono dovuti anzitutto al fatto che le Mici colpiscono l'intestino e possono generare malnutrizione, terreno fertile per favorire le infezioni – sottolinea Alessandro Armuzzi, segretario nazionale IG-IBD, Fondazione Policlinico Gemelli Irccs - Università Cattolica di Roma – Le Mici inoltre rendono il soggetto vulnerabile e maggiormente esposto ad altre malattie: l'avanzare dell'età e la comorbidità sono altri fattori intrinseci che incrementano i rischi di infezione. Infine, bisogna ricordare che circa il 50 per cento dei pazienti con malattia di Crohn e fino al 20 per cento dei pazienti con colite ulcerosa necessitano di intervento chirurgico entro 10 anni dalla diagnosi: l'intervento espone il soggetto a infezioni nel periodo post operatorio. Ci sono poi i rischi estrinseci, legati all'uso di certi farmaci: cortisone, immunosoppressori, farmaci biologici, e le piccole molecole hanno un rischio infettivo legato alla loro assunzione”. Nel corso dell'evento si è discusso di quattro temi: tubercolosi, infezioni virali, sepsi, prevenzione tramite profilassi vaccinale. Un infettivologo ha dato un quadro epidemiologico nazionale; un gastroenterologo si è soffermato su quei tipi di infezione in pazienti affetti da Mici; infine un gastroenterologo e un infettivologo hanno messo il loro patrimonio di conoscenze a disposizione dei partecipanti. La società IG-IBD ha rilevato una scarsa informazione per quello che riguarda una corretta gestione delle infezioni che possono insorgere nei pazienti affetti da malattia di Crohn o colite ulcerosa. Il paziente affetto da Mici è riconducibile alla categoria del paziente fragile, cioè quell'insieme di individui con un sistema immunitario compromesso; è il caso di anziani, malati cronici, bambini. In particolare, il paziente affetto da Mici ha un rischio infezione intrinseco e uno estrinseco. La tubercolosi in Italia è in costante leggero calo. Ciò non toglie che ogni anno ci siano circa 4mila nuove diagnosi, con un'incidenza nazionale di 6,5 per 100mila abitanti. L'aspetto più preoccupante per un paziente affetto da Mici però è un altro: secondo il rapporto della OMS del 2018, il 23 per cento della popolazione mondiale, circa un miliardo e settecentomila persone, ha una tubercolosi latente. “Se il sistema immunitario reagisce subito bene, infatti, il micobatterio della tubercolosi causa un'infezione senza sviluppare la malattia - spiega Massimo Galli, presidente Simit - il batterio è costretto a nascondersi in particolari cellule, i macrofagi, ove resta ‘sotto sorveglianza' per tutta la durata della vita dell'ospite. Può riattivarsi, causando malattia, in circa il 5-10 per cento dei casi: ciò dipende principalmente dalle condizioni (più povertà, più disagio, più riattivazione), dalla durata della vita (riattivazioni nell'anziano fragile), dall'insorgenza di malattie debilitanti e dalla necessità di assumere farmaci immunosoppressori. È questo il caso delle persone con Mici che, nell'eventualità che siano anche portatori di TB latente devono assumere particolari trattamenti. La dovuta attenzione va anche riservata all'accertamento dello stato di infezione tubercolare prima dell'inizio di terapie immunosoppressive”. Le vaccinazioni proposte nel paziente fragile, come quello affetto da Mici, sono molto diverse da quelle per l'infanzia. Oltre che alla protezione individuale, le vaccinazioni destinate al bambino sono necessarie per raggiungere l'immunità di gregge, ossia la copertura del 95 per cento della popolazione, per ridurre la possibilità che un agente infettivo circoli e vada a colpire anche le persone non vaccinate. Nel caso delle vaccinazioni del paziente fragile, l'obiettivo principale è proteggere il singolo individuo immuno-compromesso, una persona fragile che può essere colpita da infezioni più facilmente e in forma più violenta. Inoltre, negli adulti immuno-compromessi, le vaccinazioni attuate in età infantile possono non offrire più copertura. Diventa pertanto utile stabilire con test diagnostici se una persona sia ancora protetta o abbia bisogno di un richiamo vaccinale anche per i vaccini dell'infanzia. “I vaccini possono prevenire le infezioni in pazienti affetti da Mici nella misura in cui si usino i vaccini consigliati dalle Linee Guida nazionali e internazionali – spiega Armuzzi – Oltre alla ovvia profilassi obbligatoria, la profilassi vaccinale annuale contro l'influenza o quella periodica contro lo pneumococco (il batterio che provoca la polmonite) sono particolarmente suggerite, specialmente se siano in corso terapie immunosoppressive. L'ipotesi che si slatentizzi la riacutizzazione di una malattia nel momento del vaccino è totalmente falsa. Le vaccinazioni antiinfluenzale, antipneumococcica, ma anche contro varicella o herpes zoster, sono molto importanti per la prevenzione che possono garantire”. (ANNA CAPASSO)