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Accesso precoce, cioè come curarsi col farmaco non ancora rimborsato

I farmaci innovativi possono arrivare ai pazienti italiani anche dopo 2 anni dall'approvazione europea. Un progetto AIOM e Fondazione AIOM spiega come orientarsi nelle pieghe della burocrazia e curarsi con l'early access

Maria Rita Montebelli
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Nessuna innovazione terapeutica può considerarsi tale finché non arriva al paziente. E purtroppo in Italia possono passare anche molti mesi, se non anni, dal momento dell'approvazione di un farmaco a livello europeo, all'arrivo dello stesso negli ospedali o nelle farmacie di una regione. Ma ci sono malati che non possono aspettare, che non hanno tempo da perdere. Come le persone affette da un tumore. “I tempi di approvazione sono troppo lunghi – afferma Stefania Gori, past president dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) - Bisogna garantire la disponibilità immediata delle terapie salvavita. I prontuari terapeutici regionali andrebbero aboliti perché nella maggior parte delle Regioni hanno carattere vincolante e determinano gravi conseguenze a carico dei pazienti oncologici, che a volte devono attendere più di due anni per accedere ai farmaci anti-tumorali innovativi”. Per ovviare a questi tragici ritardi, negli ultimi anni è stata introdotta nel nostro Paese la pratica dell'early access, ovvero la possibilità di prescrivere farmaci già approvati a livello europeo (dall'EMA, European Medicines Agency), prima del rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale. L'early access è reso possibile dall'accesso al Fondo dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) del 5 per cento e dalla legge 648/1996, che consentono la totale rimborsabilità da parte dell'SSN, oltre che dal cosiddetto ‘uso compassionevole/nominale' che prevede la fornitura gratuita da parte dell'azienda farmaceutica produttrice. Un progetto dell'AIOM per far conoscere a medici e pazienti come accedere all'earlyaccess. AIOM e Fondazione AIOM hanno realizzato, con il supporto non condizionato di Astra Zeneca, due opuscoli sull'early access destinati ai pazienti, che saranno distribuiti nelle strutture di oncologia e presso le sedi delle Associazioni Pazienti. Il progetto prevede inoltre una giornata formativa per oncologi e pazienti e un tour in 5 Regioni per sensibilizzare all'argomento medici e cittadini. Le barriere poste dai prontuari terapeutici regionali. Nella maggior parte delle Regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Marche, P.A. Trento, P.A. Bolzano, Puglia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d'Aosta) è presente un prontuario terapeutico (ospedaliero) regionale (PTOR) ‘vincolante'. Il Molise ha adottato un PTOR non vincolante. Ulteriore variabilità viene riportata da Regioni come Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia che non hanno un PTOR ma si riferiscono a prontuari di USL/ASL e la Regione Toscana che utilizza Prontuari di Area Vasta. “Nel 2019 – spiega Fabrizio Nicolis, presidente Fondazione AIOM - in Italia, sono stimati 371 mila nuovi casi di cancro. I prontuari terapeutici locali, di fatto, aggiungono un ulteriore step nell'iter già lungo di approvazione e recepimento del nuovo farmaco, prima che quest'ultimo sia realmente disponibile per il paziente. Assistiamo a situazioni in cui l'accesso a una terapia è possibile per pazienti di una Regione, ma non per quelli di una Regione contigua. Realtà inaccettabili, se pensiamo soprattutto ai farmaci oncologici, per cui un accesso omogeneo sul territorio costituisce un aspetto di fondamentale importanza per l'efficacia e l'equità del trattamento. Inoltre la riduzione progressiva dei budget delle aziende ospedaliere e sanitarie può porre gli oncologi di fronte a scelte etiche fra allocazione delle risorse disponibili e scelta delle terapie”. Le norme che regolano l'early access alle terapie innovative. “Diverse norme - spiega Massimo Di Maio, del Dipartimento di Oncologia dell'Università di Torino e Direttore dell'Oncologia dell'Ospedale Mauriziano di Torino - regolano l'accesso precoce alle terapie. La legge 648/1996 ad esempio prevede la possibilità di erogare, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, farmaci con determinate caratteristiche, in particolare, nei casi in cui non siano disponibili alternative terapeutiche valide. E' il caso dei farmaci innovativi, in commercio in altri Stati ma non in Italia; dei farmaci non ancora autorizzati, ma in corso di sperimentazione clinica; dei farmaci da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata. Vi è poi il Fondo AIFA 5 per cento per l'impiego, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, di farmaci orfani per il trattamento di malattie rare e di terapie che rappresentano una speranza di cura, in attesa della commercializzazione, per particolari e gravi patologie”. Questo fondo, istituito da parte di AIFA, prevede che le aziende farmaceutiche versino un contributo pari al 5 per cento del proprio fatturato annuo (nel 2018 il Fondo ammontava a poco più di 18 milioni di euro). “Un'altra via - prosegue Massimo Di Maio – è quella della legge 94/1998 (detta anche ‘Legge Di Bella'), che consente la prescrizione da parte di un medico, sotto la sua esclusiva e diretta responsabilità, di medicinali regolarmente in commercio, ma utilizzati al di fuori delle condizioni di registrazione (impiego off label)” In questo caso però la terapia è a carico del paziente o dell'azienda sanitaria, in caso di ricovero. “Molto importante – conclude Stefania Gori – è anche il Decreto Ministeriale del 7 settembre 2017, che disciplina il ricorso al cosiddetto ‘uso compassionevole' di un farmaco sottoposto a sperimentazione clinica, al di fuori della sperimentazione stessa, in pazienti affetti da malattie gravi o rare o che si trovino in pericolo di vita, quando, a giudizio del medico, non vi siano ulteriori valide alternative terapeutiche, o nel caso in cui il paziente non possa essere incluso in uno studio o, ai fini della continuità terapeutica, per malati già trattati con beneficio clinico nell'ambito di una sperimentazione almeno di fase 2 conclusa. Le aziende farmaceutiche, che intendono attivare programmi di uso compassionevole, ne sostengono i costi e sono tenute a informare preventivamente AIFA sulla data della loro attivazione e chiusura”. (MARIA RITA MONTEBELLI)

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