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Pesce, quello italiano è finito: importazioni al 79%, ecco che cosa rischiamo

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Caterina Spinelli
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Negli ultimi 25 anni la nostra flotta peschereccia è passata da 18.000 a circa 12.500 imbarcazioni, diminuendo drasticamente i posti di lavoro. Uno scenario, questo, che ha dato il via libera alle importazioni, che sono lievitate al 79%. È questa la realtà fotografata dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat. 180mila tonnellate di pesci pescati nei mari italiani contro l'oltre un milione proveniente dalla Spagna, dai Paesi Bassi e dalla Grecia. Leggi anche: Pesce fresco, pesca vietata nell'Adriatico, ci pensa l'Ue Ad essere sul podio dell'importazione le seppie e i calamari. "Il rischio principale - spiega Coldiretti - sono gli inganni in agguato al ristorante dove mangiamo il 50% del pesce che consumiamo e dove, contrariamente a pescherie e supermercati, non esiste obbligo di indicare la provenienza". Per questo l'associazione ribadisce la necessità di un'etichetta d'origine anche sui menù, una vera e propria "carta del pesce". Il prodotto proveniente dall'estero, infatti, ha meno garanzie rispetto al Made in Italy. Leggi anche: Ecco la verità su quello che mangiamo al ristorante "Il 70% delle infrazioni - descrive il maggiore dei Nas Dario Praturlon - riguarda aspetti amministrativi: le violazioni più frequenti sono carenze igieniche, mancanza di tracciabilità, che a volte nasconde anche il fenomeno del mercato clandestino o la pesca di frodo, e l'irregolarità dell'etichettatura". Tutte queste sono le conseguenze delle misure attuate per evitare lo spopolamento del mare e che - secondo Tonino Giardini, direttore generale di Coldiretti Impresa Pesca - sono servite a ben poco per raggiungere l'obiettivo della sostenibilità ambientale".

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