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Chirurgia estetica, così si muore per avere un sedere alla brasiliana

Cristina Agostini
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Nel Regno Unito sono stati messi al bando gli interventi di chirurgia estetica per ottenere i glutei alla brasiliana. Secondo l' associazione dei chirurghi plastici britannici è troppo rischioso continuare con questi interventi, che hanno una mortalità di uno su tremila, soprattutto dopo che quest' anno sono già due le pazienti morte per complicazioni. L' ultimo caso è quello di una donna che, complice il prezzo concorrenziale, è volata in Turchia per sottoporsi a un intervento per aumentare il volume dei suoi glutei. Leah Cambridge, mamma di tre figli, è la seconda donna deceduta nel 2018 in seguito alle complicazioni di quello che in gergo tecnico viene chiamato lipofilling, cioè il trapianto nei glutei di grasso centrifugato che viene estratto da un' altra zona del corpo, per ottenere un lato B come quello delle più belle donne brasiliane. Leah ha avuto tre attacchi di cuore mentre era sotto anestesia in una clinica nella città di Izmir. Il lipofilling è un intervento che esiste già dagli anni '90 e che vede tra i suoi pionieri il professor Marco Gasparotti, che oggi ha al suo attivo più di 15mila interventi, e numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali di Chirurgia plastica. «Ma quando venne inventato il lipofilling andava bene, e così è anche oggi, per piccole zone del corpo, come il ringiovanimento della mani o l' innalzamento di zigomi e guance magari in seguito a un dimagrimento, o per rendere un viso più rilassato, più morbido e con dei contorni più netti», afferma il professore, che oltre a essere un noto chirurgo estetico è anche docente universitario, personaggio televisivo, con all' attivo la scrittura del libro "Che faccio, mi rifaccio?". UN ICEBERG - Secondo Gasparotti, infatti, quello che è successo a Leah Cambridge è solo la punta dell' iceberg di una situazione di esasperazione in cui è precipitata la chirurgia estetica. Una chirurgia che è sempre più diffusa e chiede sempre di più. «Quando si è cominciato a mettere grosse quantità di grasso nei glutei, si è visto che l' attecchimento del grasso era minore e quindi che come ogni cosa anche la chirurgia estetica cominciava a esagerare» continua Gasparotti, che aggiunge: «è impossibile assimilarsi alle brasiliane perché è la razza che dà loro questa caratteristica alla schiena che fa assumere una maggiore pressione dei glutei». Leggi anche: "Forse non tutti lo sanno, ma la Ferragni...". Bomba di Striscia la Notizia Spesso, però, sono gli stessi medici ad assecondare ogni richiesta dei pazienti, senza saper dire di no, e senza informare sui rischi reali di tali interventi. «Se si immette il grasso in maniera eccessiva, anche due o tre litri in questo tipo di intervento, si rischia di entrare con la cannula nei vasi venosi grossi - spiega ancora il professor Gasparotti - da qui, accanto ai rischi di arrossamenti e infiammazioni croniche ecco arrivare i rischi di vascolarizzazione, con la formazione di embolie grassose che vanno a finire nei polmoni e al cervello». NON ESPERTI - Più che di morte per chirurgia estetica, però, per il professore si tratta di morte per esasperazione della chirurgia in mano ai non esperti che esercitano in studi medici dove non si è preparati per affrontare eventuali complicanze. «La chirurgia estetica è una chirurgia intelligente se fatta da chirurghi di buon senso su pazienti di buon senso, perché ci sono i pazienti che andrebbero rifiutati viste le loro aspettative non razionali o la non idoneità fisica all' intervento. La chirurgia va fatta in cliniche dove esiste anche una terapia intensiva e dove ci sia la rianimazione. Non perché sia prevista, ma perché i rischi a cui ci si espone sono difficili da risolvere. La chirurgia estetica ha due nomi: è estetica ma è chirurgia bella e buona. Ma molti chirurgi e molti pazienti non vogliono sentirci. Se poi si aggiunge la competizione sul prezzo si vede che molti pazienti vanno nell' Est europeo o in Turchia, dove i costi sono più bassi, ma lo è anche l' assistenza. E poi ci sono i pazienti che andrebbero rifiutati perché hanno aspettative non razionali o non sino fisicamente idonei all' intervento. Ormai il 93% del mio lavoro consiste nella correzione di interventi fatti in giro».  di Ilaria Pedrali

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