Il Covid ci rende apatici. Come combattere la pigrizia e vivere meglio (basta un minuto al giorno)
Spegne talento e creatività, soffoca desideri e sogni. La pigrizia è un ostacolo alla vita che tiene a galla in una condizione di perenne letargo. È uno dei sette peccati capitali, bollato non solo dal cristianesimo ma da tutte le religioni monoteiste. «È il rifugio degli spiriti deboli» per Lord Chesterfield. Seneca invece direbbe che «il pigro è d'ostacolo a se stesso». C'è chi vive nell'indolenza e trova sempre un buon motivo per non fare nulla - l'unico esercizio fisico che riesce a sopportare è passare dal divano alla poltrona - tanto che alcuni scienziati gli attribuiscono il gene D2, responsabile del mancato stimolo all'attività. E chi in quella svogliatezza ci si è ritrovato, suo malgrado, per effetto collaterale dei lockdown da pandemia. Facciamo chiarezza: «I pigri (non patologici) evitano, rimandano o limitano gli sforzi e, se possibile, delegano agli altri. Questo non significa però che non si attivino e non agiscano quando è necessario nell'ambito del lavoro, della vita affettiva e sociale», spiega a Libero la psicoterapeuta Emma Cosma. «Mentre l'inerzia venuta fuori come conseguenza della pandemia è molto più problematica. Il forzato immobilismo - che purtroppo non tutti hanno preso come l'occasione per rallentare e lasciarsi andare a un sano e dolce far niente - ha generato un vortice di ansia per l'essere stati rinchiusi e paura per il virus che hanno generato svogliatezza e disagio. Le persone colpite da questa nuova apatia sono tante. Mancando una normale routine sociale lavorativa ed emotiva il rischio che si possa diventare pigri anche a livello patologico è molto alto». L'abulico, si sa, passa il tempo a domandarsi come sconfiggere la fiacca, invece di alzarsi e passare all'azione. Sir Winston Churchill diceva: «È un peccato non fare niente col pretesto che non possiamo fare tutto». E purtroppo la depressione, che confina con la pigrizia, sopraggiunge più facilmente se si vive "sdraiati". Ecco perché bisogna contrastarla prima che sia troppo tardi.
Le cause scatenanti - «A volte però la volontà potrebbe non bastare, per esempio, quando la pigrizia nasconde paura, scoramento, solitudine. Allora bisogna lavorare sulle cause scatenanti ed eventualmente chiedere un supporto» avverte la Cosma. «Così pure se legata all'insicurezza e alla mancanza di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Mentre dall'inerzia provocata da mesi di sedentarietà, costretti a non fare sport, a non uscire con gli amici, a non andare al cinema, al teatro, a non poter fare una gita fuoriporta, ci si deve risollevare il prima possibile». Quindi, suggerisce la psicoterapeuta, per combattere l'inattività dedicatevi a qualcosa di concreto: svolgete un lavoro manuale e portatelo a termine, che sia il bricolage, un piatto elaborato da preparare in cucina (un tempo le donne avevano il ricamo) o la cura delle piante sul vostro terrazzino. Cominciate col fare qualcosa che vi piace. Spegnete la tv e leggete un libro, ma non sotto la lampada, alla luce del sole. Tornare "vivi" attraverso una passione è più facile, perché si avverte meno lo sforzo e prima il piacere. Lo sport è un toccasana per eccellenza, appena sarà possibile torneremo tutti in palestra; in alternativa una corsa al parco o qualche esercizio in casa. Per ricominciare bastano 15 minuti di allenamento al giorno preferibilmente al mattino, vi sentirete attivi per il resto della giornata. Altrimenti fate una passeggiata (camminare stimola la mente e il fisico). Ridefinite gli orari in cui andare a dormire e quando puntare la sveglia: un regolare ciclo del sonno dà ritmo e allontana la pigrizia. «Fissate dei piccoli obiettivi all'inizio, altrimenti si riveleranno impossibili da realizzare. Autodisciplinatevi con dei compiti, datevi delle gratificazioni; cambiate abitudini; evitate di cadere in scappatoie o scuse, che rischiano di alimentare l'atteggiamento passivo del pigro», puntualizza la Cosma. Qualcuno predilige la tecnica giapponese di un minuto, metodo Kaizen (dall'unione di kai "cambiamento" e zen "buono") che per superare la pigrizia consiglia di svolgere un determinato compito per un solo minuto ogni giorno e sempre alla stessa ora. Secondo questo sistema, ideato da Masaaki Imai, a piccoli passi si possono raggiungere obiettivi che prima risultavano impossibili da ottenere. Potete scegliere l'attività che più vi piace: fare gli addominali, riordinare i libri nella biblioteca personale, l'armadio o i cassetti della biancheria, oppure conoscere il mondo attraverso la geografia. Quel minuto si trasfermerà in energia in grado di far sparire ogni sensazione di stanchezza. E dopo aver superato il minuto iniziale si passerà a due, cinque minuti mezzora. Un allenamento che potrebbe essere utile anche a uno studente universitario su quattro e a una studentessa su tre: sono i giovani pigri di una ricerca della facoltà di Medicina dell'ateneo La Sapienza. Una generazione di "sdraiati" come li ha definiti il giornalista Michele Serra. Pure il 30% degli italiani ha uno stile di vita sedentario e un ulteriore terzo è attivo solo parzialmente, ancor prima della pandemia. La pigrizia si impara molto presto: nel nostro Paese il 92% degli adolescenti dai 13 ai 15 anni non arriva neanche a svolgere quell'ora di attività fisica quotidiana consigliata dai medici. Non va meglio neppure negli anni successivi.
L'ozio selettivo - La verità è che forse pure l'ozio creativo, ideale per sgomberare la mente e scovare nuove idee, ne esce malissimo, superato dall'ozio passivo immerso nelle sabbie mobili dei social, delle chat e videochiamate. Sembra resistere invece una pigrizia selettiva o autodifensiva che fa correre solo se serve. Permette di rilassarsi quando si vuole. Consente di vivere l'emozione di un raggio di sole. Non cede all'ansia, allo stress, né ai frenetici ritmi della vita quotidiana. È la pigrizia che preserva dalla perdita di tempo, da famiglie invadenti, conoscenti noiosi e amici poco stimolanti, che spinge verso la bellezza (musica, arte, cultura) e le sensazioni che fanno battere il cuore. Ed è ben descritta nel libro Elogio della pigrizia (edizioni Dehoniane) di Jacques Leclercq. È un peccato capitale privo di sensi di colpa che argina la frenesia e distilla, come gocce di un elisir, il profumo di un'indolente felicità. Saper poltrire con giudizio è un'arte. E non è da tutti. Niente a che vedere col pensiero di Bukowski: «La mia ambizione è ostacolata dalla mia pigrizia». Ma in linea con il buddista Thich Nhat Hanh: «Ogni settimana abbiamo bisogno di un giorno di pigrizia».