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Coronavirus, "l'unica arma certa". Giorgio Palù e lo studio confermano: cosa uccide il virus

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Con l'arrivo della bella stagione, il virus inizia a circolare sempre meno. Come avvenuto anche la scorsa estate, i casi sono in continuo calo e permettono agli italiani di tirare un sospiro di sollievo. Resta l'incognita delle mutazioni, con la recente scoperta della variante indiana, ma anche questa sembra destinata a breve vita di fronte ai raggi solari. "Da maggio a settembre" ribadisce Giorgio Palù - presidente dell'Aifa - gli ultravioletti, insieme con le temperature elevate e l'attività prevalente all'aperto, rendono meno probabile la trasmissione del virus". Questo quanto emerge anche da uno studio della Statale di Milano e dell'Inaf, riportato da il Giorno. 

 

 

Gli esperti sono ottimisti: "Le temperature elevate e gli ultravioletti creano una sterilizzazione naturale all'aria aperta - sostiene Alessandro Miano, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima) -. Tutti i virus tendono a disattivarsi con il calore. Gli ultravioletti inoltre hanno un'azione battericida in funzione della quantità di raggi e dal tempo di esposizione. Sono impiegati anche nella sterilizzazione delle condotte idriche, per purificare l'acqua potabile. Varie applicazione sfruttano queste proprietà". I raggi ultravioletti vengono già utilizzati in diversi contesti per uccidere virus e batteri. Basti pensare ai parrucchieri e agli estetisti, che utilizzano i raggi per sterilizzare i loro utensili. 

 

 

"Lo studio sugli ultravioletti" spiega Mario Cleirici, direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi di Milano "era partito l'anno scorso, quando avevamo visto che i raggi Uvc (la componente radiante che non arriva sulla Terra) uccidevano il Sars-Cov-2". L'emergenza Covid ha poi virato l'attenzione sulla qualità dell'aria, problema non da poco soprattutto nelle metropoli europee: "Dobbiamo stare attenti all'incremento di anidride carbonica prodotta dalla respirazione, quando più persone condividono spazi chiusi" spiega Miani. "Il potere contaminante dei microrganismi cresce in funzione del tasso di CO2. Oggi tuttavia disponiamo di sensori che monitorano la concentrazione di anidride carbonica, temperatura, umidità, e misurano la qualità dell'aria" ricorda il medico. 

 

 

 

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