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Cibo, dimagrire dopo le abbuffate? Come perdere subito due chili, i consigli dell'esperto

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Melania Rizzoli
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Volete perdere rapidamente i chili presi durante le trascorse festività? Camminate, camminate, camminate. È stato calcolato che durante il cenone di Natale e quello di Capodanno si è arrivati a consumare fino a 6mila calorie a persona senza fare alcuna attività motoria, con la conseguenza di aver guadagnato da 0,5/1kg fino a 2 kg di peso corporeo, e che per smaltire il grasso accumulato un adulto di 80 kg dovrebbe intraprendere 12 ore di camminata a ritmo costante, equivalente a circa 80 km, oppure andare in bicicletta o fare jogging per 5/6 ore a velocità sostenuta.

 

 

 

LE CALORIE

Ovviamente per raggiungere tale obiettivo in questi primi giorni di gennaio occorre ridurre anche l'introito di calorie, in base all'età, al sesso e allo stato di salute, ma per veder scendere rapidamente l'ago della bilancia c'è da rispettare un semplice principio scientifico che bisognerebbe seguire e bene a mente, soprattutto da coloro che ancora si stupiscono sul perché, pur mangiando davvero poco, continuano ad ingrassare o a non dimagrire. Infatti, nonostante decenni di messaggi sull'importanza del peso forma che esortano le persone a nutrirsi di meno e a fare più esercizio fisico, i tassi di obesità e di malattie legate al sovrappeso sono aumentati costantemente, fino a colpire oltre il 35% degli italiani, aumentando il rischio delle patologie correlate, ovvero quelle cardiache, coronaropatie e infarto, quelle cerebrali come l'ictus, e quelle metaboliche come il Diabete tipo2, oltre a diverse forme di cancro. L'ultimo studio in fatto di diete dimagranti, di recente pubblicato sul The American Journal of Clinical Nutrition, indica i difetti fondamentali del modello di bilancio energetico classico finora adottati da chi segue regimi nutrizionali ridotti fino alla fame ma errati nel contenuto, che non aiutano a comprendere le vere cause biologiche dell'aumento di peso, in quanto non producono l'effetto desiderato efficace per una gestione del peso stesso immediata e soprattutto duratura. Secondo la ricerca della Harvard Medical School per il trattamento dell'obesità bisognerebbe adottare il nuovo "modello carboidrati-insulina", un percorso che si concentra non su quanto ma su cosa mangiamo, perché riducendo il consumo dei "carboidrati rapidamente digeribili" si riduce drasticamente la spinta a immagazzinare grasso corporeo, in modo che le persone possano perdere peso con meno fatica e soprattutto senza patire la fame. L'eccesso di cibo infatti, non viene considerato la causa principale dell'obesità, dovuta invece all'eccessivo consumo di alimenti ad alto carico glicemico, quelli però che contengono carboidrati trasformati o raffinati, e quindi rapidamente digeribili, che inducono il pancreas ad aumentare la secrezione di insulina e sopprimere quella di glucagone, l'ormone principale che segnala alle cellule adipose quando immagazzinare più grasso, lasciando meno calorie disponibili per alimentare muscoli e gli altri tessuti metabolicamente attivi. L'adozione del modello carboidrati-insulina parte dal principio che la quantità di cibo che mangiamo non è affatto la causa principale dell'obesità, mentre lo è sicuramente il consumo eccessivo di alimenti ad alto carico glicemico non naturale, quelli in pratica manipolati al punto da essere rapidamente digeribili, per cui, una volta eliminati, il cervello percepisce che il corpo ha bisogno di ulteriore energia stimolando la sensazione di fame, e soprattutto rallentando il metabolismo nel tentativo di risparmiare carburante. Da decenni ormai la nostra dieta è diventata ricca di cibi molto lavorati con zuccheri estratti o raffinati, che hanno il compito di rendere l'alimento più appetibile e gustoso, ma che hanno anche un impatto metabolico elevato verso la predisposizione all'obesità e alle malattie del ricambio, perché vengono assorbiti immediatamente dal corpo, senza saziarlo e senza apportare nutrimento; gli zuccheri presenti invece negli alimenti naturali, ovvero non concentrati e non raffinati, hanno una concentrazione glicidica molto più bassa, e non favoriscono il sovrappeso, a eccezione del miele, l'unico alimento totalmente naturale che ha un livello di zuccheri simile a quello dei dolcificanti industriali.

 

 

 

I METODI

Gli zuccheri raffinati non si limitano allo zucchero bianco che aggiungiamo al caffè, ma comprendono anche la farina OO, il pane bianco, la pasta non integrale, il riso bianco, i cereali da colazione, le bibite gassate, i succhi di frutta, gli yogurt con zuccheri aggiunti, e i dolci di ogni tipo, per cui già rinunciando a questi glucidi, sempre aggiunti in eccesso, si interrompe il circolo vizioso della lipogenesi, quel processo che trasforma gli zuccheri rapidamente digeribili in grasso impedendo di fatto la perdita di peso. Nella lista degli insospettabili si trovano anche i cibi "light" ovvero a basso contenuto di grasso, ritenuti in genere "più sani", concetto errato perché in questi alimenti, per renderli appetibili e commestibili, viene aumentato di molto il livello di zucchero raffinato. L'OMS raccomanda un consumo massimo di zucchero pari al 5/10% dell'introito calorico giornaliero, che corrisponde a circa 25grammi all'interno di una dieta da 2.000calorie, mentre in Italia tendiamo a consumarne 3 volte tanto. 

 

 

 

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