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Solstizio, il grado più alto: qual è il significato di questa parola

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Massimo Arcangeli
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Solstizio discende dal latino solstitium, un composto di sol (“sole”) e del tema di sistere (“stare”, “restare”, “fermarsi”, ecc.). Con uso figurato la parola indica il grado più alto di qualcosa, come in questo brano tratto dai Taccuini dannunziani: «era il giorno della vittoria, era il solstizio del valore italiano, il culmine della luce trionfale. Li vidi freddi e muti nella stanza mortuaria, più soli che tutti i morti soli, perché l'allegria dei vivi rendeva più triste la loro solitudine».


Il solstizio (d’estate o d’inverno) è il punto in cui il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica (il percorso di un anno rispetto alla sfera celeste), la sua declinazione massima. Il solstizio d’estate, che cade nell’estate astronomica (20 o 21 giugno), è l’istante in cui il sole tocca la sua altezza massima nell’emisfero settentrionale e minima in quello meridionale; coincide col momento in cui interrompe la sua ascesa rispetto all’equatore celeste e sembra arrestarsi per poi tornare ad abbassarsi. Il solstizio d’inverno, che cade nell'inverno astronomico (21 o 22 dicembre), è l’istante in cui il sole tocca la sua altezza massima nell'emisfero meridionale e minima in quello settentrionale; coincide col momento in cui interrompe la sua discesa rispetto all’equatore celeste e sembra arrestarsi per poi tornare a riavvicinarsi allo stesso. Nel solstizio d’estate i raggi del Sole sono perpendicolari al Tropico del Cancro e il giorno ha la sua durata più lunga, nel solstizio d'inverno sono perpendicolari al Tropico del Capricorno e il giorno ha la sua durata più breve.


È passata alla storia come la battaglia del solstizio, combattuta nel corso del primo conflitto mondiale, quella in cui l’esercito italiano riuscì a contenere l'offensiva austriaca sul Piave fra il 15 e il 23 giugno 1918: «Il fiume si doveva forzare là dove, uscito (...) dopo la lene stretta che gli danno le pendici del Montello e dei colli di Susegana, da Nervesa insanguinata, dove si decise la maggior sorte della guerra nel solstizio del ’18 (...), sfoga e spazia e dirama in piano per l’amplissimo greto» (Riccardo Bacchelli, Il mulino del Po).

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