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Allarme inquinamento, in mare migliaia di relitti

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Nei fondali italiani le vecchie navi cariche di iprite, pericolosa sostanza chimica, minacciano l'ecosistema

Eleonora Crisafulli
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Allarme inquinamento per le acque marine italiane. Migliaia di relitti di navi militari della Seconda guerra mondiale, molti dei quali ancora pieni di petrolio e di carichi pericolosi, giacciono dimenticati sui fondali di tutto il mondo, con un rischio che investe anche l'Italia. A sollevare il problema sono stati due esperti internazionali di sicurezza marina, Trevor Gilbert e Dagmar Etkin, che hanno stimato in 8.569 i relitti inquinanti del globo. Nel Mediterraneo se ne contano 361 e, a causa dei processi corrosivi, potrebbero preso rilasciare in mare una quantità di carburante 20 volte superiore a quella uscita dalla piattaforma della BP nel Golfo del Messico. Dopo il New Scientist, il mensile italiano Focus lancia l'allarme. La questione è critica anche perché non esistono accordi internazionali per far fronte all'emergenza: la responsabilità delle navi è dei loro armatori, ma in molti casi i proprietari originari sono morti, e ripulire i serbatoi sommersi costa tra i 2.300 e i 17 mila dollari a tonnellata di petrolio. Ma per l'Italia, denuncia il settimanale, non è il greggio la minaccia più grave. Le conseguenze peggiori sull'ecosistema e sulla nostra salute giungono da un arsenale di armi chimiche che giace in fondo al mare. Tra queste vi è l'iprite, una sostanza chimica pericolosissima, proibita da tutti gli accordi umanitari internazionali, che gli eserciti avevano comunque in dotazione, per rispondere a eventuali attacchi chimici nemici. Gli italiani l'avevano usata, nonostante i divieti, in Etiopia  nel 1935, in una serie di attacchi aerei e di artiglieria. Nascosto in carichi segreti sulle navi, il veleno fu al centro di alcune tra le peggiori stragi di civili, come quella del 2 dicembre 1943 a Bari. Verso la fine del conflitto le armi chimiche divennero un fardello imbarazzante da far scomparire e si decise di farle affondare. In Italia gli alleati le inabissarono al largo di Manfredonia e davanti all'Isola di Ischia, mentre Hitler ne ordinò invece lo smaltimento nei fondali a sud di Pesaro.  

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