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Facci difende Lady Matacena: si è consegnata alla polizia, e poi...

Lucia Esposito
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Amadeo Matacena ha detto in un'intervista: «Torno se liberano mia moglie». Altri preferiscono dire: se Matacena non torna, non liberano sua moglie. Che è uguale, ma è diverso. Non è una questione semantica, è il cuore della sconcertante questione giudiziaria che da tempo tiene in galera Chiara Rizzo, moglie di Amadeo Matacena e accusata, in pratica, di favoreggiamento di marito: reato all'apparenza ancora più assurdo di quell'italianissimo «concorso esterno» che ha inchiodato Matacena. Poi certo, le accuse ufficiali hanno nomi più complicati, tipo «intestazione fittizia di beni» e «procurata inosservanza di pena»: ma nel mandato di cattura europeo, quello che ha giustificato l'arresto della donna e la sua estradizione dalla Francia, si parlava di riciclaggio: anche se ora nessuno glielo contesta. Va anche detto che l'incensurata Chiara Rizzo si è consegnata spontaneamente ai magistrati - fortemente sconsigliata dal marito - e il risultato è stato che hanno buttato via la chiave dopo averla ammanettata e blindata con un incredibile schieramento di forze. Da due settimane non le fanno neppure telefonare al figlio 15enne: perché? Forse i magistrati potrebbero aiutarci a comprendere almeno questo, altrimenti capiamo solo che Matacena torna se liberano sua moglie, però se Matacena non torna non liberano sua moglie. Una logica che ricorda la procura di Milano nel 1992: «Non incarceriamo la gente per farla parlare, ma la scarceriamo quando parla». O forse è una logica ancora più vecchia. Molto, ma molto più vecchia. Filippo Facci

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