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"Anna e Yusef", la fiction Rai che fa lo spot all'invasione

Matteo Legnani
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Volevano raccontare una storia che parlasse dei «costi umani» dell' immigrazione, sostengono i dirigenti Rai presentando la nuova fiction Anna e Yusef. Se questo era l' obiettivo, il risultato purtroppo non è nemmeno lontamente all' altezza. Quali siano questi famosi «costi umani» dell' ondata migratoria in atto, lo mostrano piuttosto le agghiaccianti immagini dei telegiornali e le raccapriccianti cronache dei quotidiani. Che raccontano di morti a centinaia, a migliaia. Cadaveri ammassati nelle stive dei barconi, corpi senza vita che riempiono il cassone di un camion. Persone soffocate da spazi angusti come dentro una camera a gas, uomini e donne ammassati come bestie da aguzzini e trafficanti. Poi ci sono i «costi umani» per la popolazione italiana. Centinaia di milioni spesi per assistere gente che non dovrebbe (e spesso nemmeno vorrebbe) stare qui. Situazioni di disagio estremo amplificate dagli sbarchi continui. Episodi strazianti di criminalità. Tutto questo, nella fiction di RaiUno non c' è. Poco male, si potrebbe obiettare: un prodotto per il grande pubblico non deve necessariamente mostrare carneficine. E poi si tratta pur sempre di una storia d' amore: è frutto d' invenzione, può concedersi licenze narrative. Verissimo. Non si capisce però perché la libertà di scrittura debba essere sempre a senso unico. Cioè: si ha la pretesa di raccontare la realtà, ma solo in parte. Per i pezzi mancanti, vengono chiamate ogni volta in causa esigenze artistiche. Anna e Yusef vuole mettere in scena i guai dell' immigrazione in Italia. Ma sotto il riflettore finisce soltanto il presunto razzismo diffuso degli italiani. Della popolazione come delle istituzioni. Se il povero Yusef, ingiustamente accusato, è costretto a ritornare in Tunisia, la colpa è dell' Italia che non ha saputo accoglierlo, anzi lo ha discriminato e a un certo punto perfino espulso. Il che è piuttosto irrealistico, visto che ad oggi gli stranieri rimpatriati sono davvero pochissimi rispetto a quelli che rimangono qui, curati e foraggiati. La verità è che questa fiction non mostra la realtà. Semplicemente, fornisce l' ennesima lettura ideologica del fenomeno migratorio. È uno spot per l' Invasione in prima serata. Con il buonismo zuccheroso e un po' stomachevole che contraddistingue molte produzioni della televisione pubblica, Anna e Yusef spiega che a tutti i costi bisogna essere accoglienti con gli immigrati. Propaganda il luogo comune per cui tutti coloro che arrivano fuggono da guerre o carestie. In sovrappiù, sostiene l' idea (che più falsa non si può) secondo cui il nostro Paese sarebbe pieno di odio verso lo straniero. Nel fare ciò, trascura completamente i drammi causati dai flussi enormi e costanti in partenza dall' Africa e dal Medio Oriente. Preferisce rifilarci metafore stantie come quella del ponte che sta costruendo Yusef (di professione ingegnere): dovrebbe simboleggiare il dialogo, la comunicazione fra culture. Quante volte abbiamo sentito le prediche sui ponti che devono sostituire i muri? Non c' è nessuno però pronto a dire che sotto i ponti rischiano di finirci i clandestini in arrivo, e in un prossimo futuro anche vari nostri connazionali. Per sostenere che bisogna farsi carico di chiunque, anche di chi non lo merita, bastavano già gli sproloqui di vari politici di sinistra, di editorialisti e intellettuali assortiti. Non c' era bisogno dell' ennesima fiction di Stato a favore dell' accoglienza illimitata. Non avevamo bisogno di vedere Vanessa Incontrada - bella come il sole, col volto ben truccato incorniciato dal velo - mentre viaggia sul barcone. Chissà, magari verrà un giorno in cui la Rai potrà mandare in onda prodotti diversi, meno mielosi e un pochettino più coraggiosi. Mica vogliamo la serie tv leghista House of Salvini, per carità. Ma Anna e Yusef potrebbe averla scritta Laura Boldrini. E non è esattamente un complimento. di Francesco Borgonovo

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