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Isola dei famosi, Nino Formicola e la vita stravolta: che fine hanno fatto i soldi che ha vinto

Gino Coala
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A 65 anni è il più anziano vincitore italiano di un reality. La verità è che Nino Formicola, trionfatore all' Isola dei Famosi, è un giovanotto affamato di futuro anche se non è stato facile rimettersi in gioco dopo la scomparsa, nel 2014, di Andrea Brambilla: Gaspare e Zuzzurro erano inseparabili. Suono al campanello del suo appartamento milanese e lui mi viene incontro con la sigaretta in mano. Da lì capisci che l' Isola è già solo un ricordo e lui si è ripreso in mano la sua esistenza. La casa è ordinata piena di libri e di foto di Alessandra. C' è un grande televisore, il computer, lo smartphone ma c' è soprattutto un uomo per bene. Di quelli che sanno dire grazie e portano rispetto. Da sempre lei fa il comico per passione e non per diventare ricco. «Io e Andrea dicevamo sempre che la nostra meta non era passare alla cassa ma passare alla storia. Abbiamo fatto spettacoli sempre tra i primi dieci nelle classifiche di fine anno, ma in Italia il teatro è una riserva indiana: puoi fare le cose più importanti ma non lo sa nessuno. È la tv che ti dà la visibilità. Io sono pronto per un programma tv». Nato a Milano da papà napoletano e mamma catanese. Che bimbo è stato? «Il classico primo della classe che a 5 anni sapeva già leggere e scrivere. Papà era un industriale, mamma una casalinga: ho ricevuto un' educazione rigida, a letto presto alla sera, per esempio. Mio papà era di quelli che doveva arrivare in fabbrica prima degli operai e uscirne dopo. L' ho visto poco, ma mi ha dato valori fondamentali. Mi spiegò che avere un milione in tasca non serviva a nulla se 10 mila lire mi bastavano per campare con dignità. Negli ultimi anni quando alle difficoltà morali si sono sommate quelle economiche questo mi ha aiutato a rimanere quello che ero». E mamma? «È la responsabile di ciò che faccio. A casa mia erano vietati i fumetti e la tv si guardava poco. Però potevo abbuffarmi di libri e andare a teatro. Avevo 16 anni quando lei mi portò al Nuovo a vedere uno spettacolo di cabaret con i Gufi. M' innamorai di quel modo di fare spettacolo, cominciai a studiarlo. E, sempre con mamma, iniziai a frequentare anche il Derby e lì vidi per la prima volta Andrea». Si era iscritto a medicina. «Volevo fare il neurochirurgo per studiare il cervello. Dopo la maturità i miei professori mi volevano giornalista o avvocato per la mia dialettica sciolta e veloce. Decisi io, ma al quarto anno di Medicina capii definitivamente che volevo fare il comico. E mamma mi aiutò molto». Come è stato possibile condividere 40 anni con Andrea? «Avevamo due caratteri e due vite completamente diverse ma sul lavoro uno poteva iniziare una frase e l' altro finirla senza esserci messi d' accordo. Avevamo la stessa logica, lo stesso modus operandi. Abbiamo discusso milioni di volte ma senza mai litigare. Anzi una volta sì, per una signorina: 7 minuti e mezzo di lite. Un record». Sente la sua presenza? «Sento la sua mancanza. Abituato da sempre a ragionare per due ho impiegato 3 anni a rimettermi su un palco da solo, psicologicamente rifiutavo di farlo. Debuttare di nuovo a 60 anni non è stato facile. Il comico vende aria fritta, siamo optional nella vita degli spettatori. Contiamo solo nel momento in cui li facciamo divertire. Poi dobbiamo morire perché si ricordino di noi. Sono tornato con D' assolo in cui narro i modi di far ridere in un' epoca in cui il senso dell' umorismo è svanito. Ormai se dici una battuta su qualcuno s' incazzano tutti». Meglio far piangere? «Il politically correct è la catena più grossa che può avere un comico. Mel Brooks ha detto che se dovesse iniziare oggi a fare il comico smetterebbe il giorno dopo perché non saprebbe di che o di chi parlare. Ormai sfottere qualcuno è un' offesa pericolosa. Vale non solo per i politici, oggi s' incavolano anche i macellai, i cartolai, chiunque... È come se non accettassero più di vedere riflessi i loro difetti». "Piuttosto che all' Isola vado a raccogliere banane": quattro anni dopo si è ritrovato in Honduras alle prese con i cocchi. «Non ho cambiato idea sui reality, però appartengo a quella generazione che pensa che la televisione non sia un punto di arrivo ma di partenza. Per chi fa il mio mestiere la tv non è il lavoro, ma lo spot per cui poi la gente paga il biglietto per venire a vederti dal vivo da un' altra parte». Un naufrago stratega... «Volevo raccontare la mia storia e spiegare che Nino e Gaspare non erano morti. La televisione la conosco da anni, so da che meccanismi è gestita e ho cercato di non farmi impiccionare. Ho fatto lo spettatore, riuscendo ad interpretare quello che pensava e diceva il pubblico. Ai miei compagni spiegavo che era assurdo lamentarsi, non saremmo mai morti di fame e lavorare in miniera è un' altra cosa. Eravamo pur sempre ai Caraibi. C' è gente che paga 4000 euro per andarci». Sull' Isola ha perso 9 chili e pure il lato single... «Con Alessandra mi è successo quello che capitava con Andrea: parlavo di me e dicevo noi. Ragionavo per due. Ho realizzato che il mio essere singolo era definitivamente finito. Sto con lei da 9 anni, di fatto single non lo ero più, ma continuavo ad organizzarmi in proprio». È stato colto di sorpresa? «Ogni volta che mi chiedevano perché non ti sposi ho sempre risposto perché prima devo trovare una che mi faccia balenare l' idea di farlo. Non sono contro il matrimonio, sono contro quelli che si sposano 4 volte. È contrario alla mia natura andare per prove. Ho trovato la donna giusta e a 65 anni me la sposo». Come l' ha riconosciuta? «È la donna più cazzuta che io abbia mai incontrato. Non me ne fa passare una e questo mi ha aiutato a migliorare il mio carattere. L' ho presa per la gola invitandola a cena a casa mia. Tutto a base di pesce, come voleva lei». Ha ideato il social dinner A cena con il comico «Il polpettone, i maccheroni al sugo, l' arrosto con patate, la carbonara, il tiramisù... Cucino quello che al ristorante è passato di moda e a casa non hai più il tempo di fare. E poi ho studiato la cucina cinese, thailandese, coreana... vado a caccia di cose buone compatibili con i nostri gusti. La cucina è l' alter ego del palcoscenico. Non a caso i grandi cuochi sono delle star». È pronto per Masterchef «Mi piacerebbe molto». Crede nella politica? «Non ho mai creduto nella politica, ma sempre negli uomini. Bastano tre persone determinate e di buon senso per raddrizzare la baracca. Ma devono arrivare tutte e tre insieme nei tre punti focali della nostra Repubblica. Finché non capita non aggiustiamo nulla. Ogni volta il popolo dà chances a qualcuno. È stato così per Berlusconi, Renzi, ora Salvini. Il preconcetto non mi appartiene. Se va male, torniamo a votare». Lei è testimonial dei City Angels... «Li scoprii una notte a San Babila mentre distribuivano coperte e bevande calde ai senzatetto. A loro ho dato 25 dei 100 mila euro vinti e altrettanti alla "Libellule", che si occupa del post operatorio delle donne malate di tumore. Coi miei 50 mila euro, invece, ho saldato i debiti degli ultimi anni». di Paola Pellai

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