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Joe Bastianich, una confessione sconvolgente: "Io di droghe ne ho usate parecchie, e posso dire che..."

Joe Bastianich

Francesca D'Angelo
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E meno male che è antipatico altrimenti, di questo passo, Joe Bastianich andrebbe in onda direttamente a rete unificate. L'ex chef di Masterchef è infatti richiestissimo, manco fosse Alessandro Cattelan (di certo, comunque, se la passa meglio). Il nostro è infatti in onda su Italia1 come inviato de Le iene, dove passa dal raccontare la guerra a farsi viaggi allucinogeni con l'Ayahuasca; ha appena lanciato il podcast Wine Heroes e, da martedì alle ore 20.40, girerà per l'Italia in Good morning Italia, il nuovo programma di Sky Arte prodotto da Ballandi per la valorizzazione del marchio collettivo Io sono Friuli Venezia Giulia. Al centro, il racconto enogastronomico a ritmo di (buona) musica.
Le manca solo di entrare in politica e gareggiare a Sanremo.
«Politica anche no, grazie. Al massimo, se proprio proprio non sapessi più cosa inventarmi per vivere, mi candiderei a sindaco di Milano: effettivamente potrei dare una mano. Quanto a Sanremo, forse un giorno».

Ci ha già provato a presentare un brano ad Amadeus?
«Eccome, e pure prima, più di una volta. A Sanremo sono stato già come ospite e come giurato, è stato bellissimo, ma è chiaro che il grande sogno è gareggiare. Fosse per me ci andrei subito».

Ma?
«Ho proposto dei brani, uno anche in italiano, ma niente, zero: non mi vogliono bene! (ride, ndr) Pazienza, non si può avere tutto nella vita».

Si vocifera però di un possibile late show con lei alla conduzione: quanto c'è di vero?
«Ci stiamo lavorando. È una mia ambizione: sulla scorta dell'esperienza che sto maturando a Le Iene mi piacerebbe cimentarmi un po' più seriamente con il giornalismo, senza per questo dimenticare la mia passione per la musica».

A proposito, ha smaltito gli effetti psichedelici dell'Ayahuasca?
«Sì, sì. Ma non è una droga: io ne ho usate parecchie e questa è una medicina. Si tratta di un decotto, che si mangia, e ti aiuta ad aprire la mente, ad accedere a nuove parti di te».
 

Insomma, dai: è una droga.
«Fa meno male dell'alcol, mi creda. E non è una droga, posso garantirglielo perché io ne ho usate parecchie. Ho 53 anni e negli anni 80 e 90 ho sperimentato diversi tipi di droghe. La ganja fa parte della mia vita e alcune droghe continuano a fare parte del mio benessere».

È favorevole alla legalizzazione della cannabis?
«Assolutamente sì. In America è già così e succederà presto anche nel resto del mondo: la cannabis è una medicina naturale che può aiutare molte persone».

 



A Le Iene si è anche occupato della guerra in Ucraina. Approva il "Fuck Putin" dei Maneskin?
«Il punk che vive in me apprezza molto l'entusiasmo con cui i Maneskin mandano a fanculo la gente».

È stata insomma una sintesi efficace?
«Il tema della guerra è complesso. Putin è ovviamente super negative: sta facendo male a moltissime persone. Allo stesso tempo però non approvo fino in fondo l'imperialismo democratico americano, secondo il quale bisogna impostare le democrazie dei Paesi stranieri a immagine e somiglianza di quella Usa. Io sono più per il "vivi e lascia vivere". Nel mio piccolo cerco poi di fare la differenza».

In che modo?
«A Le Iene abbiamo provato a dare una narrazione più equilibrata della guerra, mettendo l'accento sulla crisi umanitaria. Vedere i profughi che affrontavano il gelo dell'inverno senza una coperta o una tenda mi ha colpito profondamente perché ai miei genitori è successa la stessa cosa, nell'esodo verso l'America dopo la Seconda Guerra mondiale. Inoltre sto lavorando con la Regione per ospitare dei profughi nelle mie tenute in Friuli Venezia Giulia».

Cosa pensa di chi nega la guerra?
«Per me i negazionisti sono come i terrapiattisti. Punto».

Passiamo a Good morning Italia: il programma è anche un modo per raccontare il Paese in ripresa. Chi ha pagato il prezzo più alto della pandemia, la musica o la ristorazione?
«Credo la musica. I ristoratori hanno la resistenza iscritta nel loro dna e, bene o male, si sono inventati qualcosa, mettendo per esempio i tavoli fuori. La musica era invece ferma».

A lei com' è andata? Mi riferisco ai suoi locali: hanno accusato il colpo della pandemia?
«Purtroppo sì. Durante la pandemia ho dovuto chiuderne alcuni. Ora la difficoltà è trovare personale e anche, a causa della guerra, le materie prime. In termini di incassi, il giro di business è calato del 35%. Credo che torneremo alla normalità nel 2025».

 

 

È ancora in contatto con il suo ex socio Bartali, condannato per molestie?
«No. Abbiamo comprato le sue quote societarie e, una volta chiusa la causa, abbiamo tagliato i rapporti. Non ci sentiamo più».

Con il ristorante American Barbeque ha inoltre portato la cucina americana in Italia e tra i piatti forti c'è Mac&cheese, la pasta stracotta e stracondita. Non mi vorrà fare credere che gli italiani hanno abboccato?
«Eccome, è il secondo piatto più richiesto di tutto il menu. Lei l'ha mai mangiato? No? E allora, cosa stiamo qui a parlare...».

Ma sia sincero: se qualcuno a Masterchef avesse fatto la pasta stracotta, lei non gli avrebbe lanciato dietro il piatto?
«Certo che sì, ma sono due cose diverse: a Masterchefbisogna cucinare italiano, da me l'ambizione è far apprezzare il cibo americano agli italiani».

A proposito, a Masterchef ci tornerebbe mai?
«Semi invitano, perché no?»

Senta, qui gira voce che lei è diventato tenero... Possibile?
«In realtà lo sono sempre stato».

Riprovi, grazie.
«Davvero, è la gente che mi ha percepito male».

Guardi che non deve mica vergognarsi. Pure a me danno sempre della giornalista stro***.
«Facciamo allora gli stro** insieme: andiamo a mangiare la pasta stracotta e parliamo male di tutti quelli che passano... Ci sta?». 

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