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Al Bano Carrisi, bomba politica: "Ci hanno provato, ho detto no"

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"Hanno provato a tirarmi dentro, gli ho detto no". Albano Carrisi, intervistato dal Messaggero, si toglie qualche sassolino dalla scarpa rivelando come il mondo della politica, in perenne sete di voti, abbia cercato di arruolarlo ricevendo sempre un cortese ma secco rifiuto, anche nei momenti più difficili della sua vita professionale.

 

 

 

L'amico e collega Gianni Morandi durante i giorni del Festival di Sanremo aveva ammesso di aver passato un periodo in cui il telefono aveva smesso di suonare. Anche lui, disimpegnato politicamente, era finito nel dimenticatoio. Lo stesso accadde al crooner di Cellino San Marco: "Il primo a riconoscere che non vendevo più una copia fui io. Quando arrivavo negli uffici della Emi, l'etichetta con la quale conobbi il grande successo, mi trattavano con sufficienza", ricorda al quotidiano romano, sottolineando di non essere mai stati tentato da una svolta "impegnata" per raccogliere qualche credito dalla critica e dal mondo di sinistra che regolava i giochi nel mercato discografico italiano. "Mai. Sono sempre stato un cane sciolto. Non nascondo che a più riprese certi politici, sia di destra che di sinistra hanno provato a tirarmi dentro. Mi rendo conto che porterei tanti voti, ma non ci penso nemmeno a darmi alla politica".

 

 

 

Proprio a Sanremo, dove poche settimane fa è tornato con una mitica esibizione a tre con Morandi e Massimo Ranieri, iniziò la sua seconda vita musicale. Era il 1996, e andò all'Ariston con quello che sarebbe diventato un suo classico, È la mia vita. "Arrivai settimo: fu strano", riflette ora. "Dovevo vincere io. Quella canzone segnò la mia rinascita. La sera della finale (vinsero Ron e Tosca con l'altrettanto celebre Vorrei incontrarti fra cent'anni, ndr) non mi tornarono i conti". "Non so cosa accadde - è la sua accusa, sibillina -. Ho smesso di chiedermelo. Di certo, È la mia vita non era un brano da settimo posto".

 

 

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