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Alba Parietti, che lezione alla sinistra: "Non siamo capaci di essere fascisti"

Daniele Priori
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Alba Parietti torna più provocante che mai. Da giovedì sera la rivedremo in prima serata su RaiDue con uno show che farà parlare: Non sono una signora, protagoniste le drag queen ovvero artisti che reciteranno travestiti. Niente di così necessario probabilmente. Ma tant’è. La Rai, dopo lunghi mesi di pensieri e rinvii, ha deciso di mandarlo in onda. Con la Parietti che si sente arruolatissima, tanto da entrare lei stessa nello spirito della drag queen per spiegarci di che si tratta. Nel frattempo si prende più licenze e, com’è nel suo stile, parla di tutto.

Alba, come sarà questo suo ritorno in tv?
«La trasmissione l’abbiamo girata nello scorso mese di ottobre. È stato un parto spontaneo e facile. Ci siamo divertiti tantissimo. Poi sono seguiti otto mesi di incubatrice. Ora il pubblico potrà finalmente giudicarlo».

Vuole dirci che non è stato complicato portare uno spettacolo en travesti nella prima serata della Rai?
«Io sinceramente tutta questa complicatezza non la vedo. Sarà per la mia educazione o perché sono una drag dentro. A 17-18 anni vivevo con le drag. Io stessa mi travestivo, facevo le imitazioni. Ero Patty Pravo, Loredana Bertè, proprio come fanno le drag, interpretando personaggi ai quali ci si sente affini. Da giovedì lo vedremo in tv e, anche se non si dovrebbero citare i santi, dico: che Dio ce la mandi buona».

 



 

Fuori dalla scena o forse appena di lato, in questi giorni c’è uno scandalo a base di molestie, chat spinte, ragazze trattate come oggetti che, ancora una volta, sta coinvolgendo e sconvolgendo il mondo dei social e della comunicazione web. Ha idee al riguardo?
«Penso che siamo arrivati al punto in cui serva una regolamentazione non ferrea ma di più. Il mondo dei social ci ha dato così tanto ma ora è diventato un’arma a doppio taglio che ci sta togliendo tutto. La capacità di comunicare, specie tra i ragazzi, l’empatia e il senso della morale in particolare. Si stanno esaltando l’assenza dei sentimenti e la pornografia degli eventi. Ognuno non è più capace di vivere la realtà se non la condivide attraverso i social».

Rula Jebreal in relazione a questo scandalo a sfondo sessista, legato alla degenerazione del web, ha trovato una connessione con il «clima creato dalla destra». È d’accordo?
«Rula è un’amica e una donna straordinaria con una storia personale che merita rispetto. Questa politicizzazione di qualsiasi cosa accada, però, sta diventando come il politicamente corretto. Cose che non accetto più. Forse Rula vive troppo poco in Italia. Qui, infatti, credo che la politica non abbia proprio la forza di influenzare nessuno. Non siamo politicizzati ma omogeneizzati dalla politica. L’Italia non è un popolo di rivoluzionari. Non siamo in grado di essere né veri fascisti né veri comunisti. Siamo piuttosto qualunquisti superficiali. Non è che gli intellettuali sono quelli di sinistra e i violenti di destra. È la società tutta ad essere diventata violenta, poco empatica. Il continuo attacco delle rispettive posizioni politiche è frustrante».

Perché?
«Destra e sinistra sono come genitori che continuano a rimbalzarsi le colpe anziché pensare all’interesse pubblico. Siamo di fronte a un regresso narcisistico dei politici che non sapendo fare nulla si limitano a colpevolizzare il prossimo. Di contro gli italiani, che sono i figli, devono finirla di deresponsabilizzarsi».

Ma quindi secondo lei anche le leader donne alla guida dei principali partiti di destra e sinistra sono specchietti per le allodole?
«Della Meloni tutto si può dire tranne che sia uno specchietto per le allodole. Posso non condividere molte cose ma di sicuro devo avere massimo rispetto per come è riuscita a diventare premier. Non credo ci siano dubbi sulle sue capacità. La sinistra dovrebbe ripensare a Enrico Berlinguer. Lui e Almirante si sono sempre rispettati. Invece oggi continuano a fare l’errore di sempre: non capire il perché del successo di un avversario. Dire che la Meloni è stata brava non significa condividere le sue idee ma darle modo di parlare prima di attaccarla».

 

 

Per il Bagaglino era «la coscia più lunga del Pds».
«Certo! Con Pingitore poi ho anche lavorato in una fiction storica intitolata Tre Stelle, interpretai sotto mentite spoglie la Ferida, un’attrice dell’epoca fascista che poi fu uccisa perché era l’amante di un gerarca. Il Bagaglino rappresenta una satira di destra. Fra gli altri, gli unici che riescono a fare satira davvero sono: Checco Zalone, Angelo Duro un po’ più difficile da mandar giù col suo cinismo e Crozza che è davvero molto bravo. A me divertono anche Pio e Amedeo. Mi ha stancato il politicamente corretto: rappresenta la morte civile. Difendere i propri diritti non vuol dire non poter scherzare su niente».

A proposito, siamo nel mese dei Pride. Anche lì a politically correct non si scherza.
«Chi è in piazza in questi giorni manifesta per difendere i diritti dei bambini già nati. Sulla maternità surrogata servono conoscenze più approfondite in base alle quali l’Italia prenderà le sue decisioni. Però nessuno deve discriminare bambini già nati, registrati o che stanno per nascere. Far pagare loro la colpa di una legge non chiara sarebbe una brutalità inaccettabile».

Quali sono le sue più grandi soddisfazioni e i suoi progetti per il futuro?
«Di progetti ne ho molti. Ogni volta che mi sono state affidate trasmissioni mie ho portato sempre ottimi risultati ma non sono state poi rifatte. Io non faccio parte di lobby né di destra né di sinistra. Le persone mi ricordano per come sono sempre stata, eppure sono undici anni che non ho una trasmissione mia!».

Sarà ancora merito dello sgabello di Galagoal?
«A Galagoal inventai un nuovo modo di raccontare lo sport in tv. Il mio fidanzato mi ricorda su quello sgabello o a Macao. Quando hai fatto due programmi diventati leggenda nella storia della tv, tutto il resto passa in secondo piano». 

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