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Max Giusti, lo sfogo: "Che tristezza questi politici. Il politically correct? Un pericolo"

Daniele Priori
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Tutto è imitabile, ma... diffidate dalle imitazioni. Max Giusti torna in Rai e, nonostante la sua simpatia, il sorriso di sempre, la sincerità, cammina su una corda tesa e lo sa. Non per questo rinuncia a dire la sua. Anzi, da domani in prima serata su RaiDue con il suo Fake show, sarà l’unico al quale è stato concesso di essere se stesso. Sarà infatti lui il padrone di casa chiamato a condurre il contenitore nuovissimo e all’antica, messaggero nel 2023 di un genere mutato nel tempo che, però, ha un po’ perso la sua dignità originale. Giusti si è trovato così a distinguere più volte, nel corso della presentazione alla stampa - e lo ha fatto anche parlando con Libero - tra imitazione e parodia. Fake Show sarà un varietà fatto dagli imitatori, quelli cresciuti alle scuole di Noschese o ancora di più, per ragioni anagrafiche, di Gigi Sabani, il cui spirito aleggia forte su questa nuova creazione Rai. Un format originale, tutto italiano, scritto e pensato in Italia che punta a replicarsi. Anzi a evolversi.

Max Giusti, sa che sentendola parlare di Fake Show è sembrato di rivivere l’atmosfera di Stasera mi butto di Gigi Sabani?
«Da un certo punto di vista sarebbe bellissimo, ma purtroppo no, perché tornare a Stasera mi butto vorrebbe dire tornare ai folgoranti ed edonisti anni ’90 in cui eravamo tutti più speranzosi verso il futuro: adesso abbiamo tutti meno sogni e tante altre cose sono cambiate, come è normale e giusto che sia. Il nostro è un programma diverso. È un programma del 2023. Ed è un programma in cui credo molto. Un format originale su cui con Rai ed Endemol Shine Italy abbiamo lavorato tantissimo, con grande passione ed entusiasmo».

Quali sono i suoi modelli di imitatori, i suoi miti?
«Ho amato tantissimo Alighiero Noschese, un pioniere e un genio dello spettacolo. Però se devo pensare a qualcuno, mentre lavoriamo a Fake Show, a livello affettivo, penso a Gigi Sabani... Ecco vorrei dedicargli questo programma, anche se il suo, rispetto al nostro, è stato un modo molto diverso di fare imitazioni: con lui parliamo di una svolta epocale che fece diventare le imitazioni scrupolose e minuziose alla Noschese, imitazioni leggere e libere. È stato un vero innovatore. Con lui bastava un occhialetto e un cappellino per farci divertire.
Ora tutto questo è cambiato e le imitazioni molto spesso sono diventate parodie».


Presentando il programma ha detto che non farete satira ma sarete graffianti. Ci spieghi come.
«Non è vero in assoluto che non faremo satira. La satira può essere politica, può essere sociale, può essere di costume. Sicuramente ci sarà satira e sicuramente saremo graffianti. Non faremo satira politica... forse... chi lo sa... almeno nella prima puntata no!».

Sarà lei, Max, a segnare il punto della definitiva rivincita del varietà?
«Fake Show è più un comedy show, è un modo diverso di fare il varietà, un modo nuovo, anche perché si tratta di un programma completamente inedito. C’è una regola di ingaggio ben precisa, per cui si imita tutto ciò che è imitabile. La traccia è molto dritta e non è possibile pensare ad un varietà classico- io, ad esempio, se penso a un varietà mi vengono in mente il conduttore che presenta, il balletto che entra, l’ospite che arriva e canta- per quanto sicuramente sarà una categoria in cui potrà essere incluso e raccontato Fake Show».

Senta ma sono venuti i leghisti della nuova Rai a rapirla da Roma e portarla a Milano?
«Ma no! Non mi ha rapito nessuno (ride, ndr). È già il terzo programma Rai che faccio a Milano. In assoluto nella mia carriera è il quinto e mi piace molto. Ho uno studio bellissimo e una squadra eccezionale. Noi andiamo dove c’è l’opportunità di lavorare bene e questa volta sono stato particolarmente fortunato, ho tutto quello che mi serve».

A proposito, cosa pensa di questa stagione di grandi cambiamenti in tv? Qual è, tra tutte, la novità che l’ha colpita di più?
«Beh, lei mi invita a nozze... Fake Show!».

Lei ha detto che non imiterete i politici perché i politici non fanno così ridere. È proprio sicuro?
«Vede, quando si fa un’imitazione, una parodia, si deve avere sempre un motivo per cui si fa. Si racconta un personaggio nella maniera in cui chi lo imita e chi lo interpreta lo vede. Francamente quella di Fake Show è un’atmosfera così gioiosa, d’intrattenimento leggero in cui, per ora, non ha trovato spazio nessun politico».

Ha collaborato sia con Dario Fo sia con Pingitore. Sono stati maestri per lei? E quale ha amato di più?
«Ha letto la mia biografia!!! Io ero ragazzino quando ho lavorato con Dario Fo. Lui mi ha solamente detto una cosa: quella di non immaginare che la televisione sia il fine. Pingitore invece mi diceva: “Torna il prossimo anno!” (ride, ndr). Ero un ragazzino e secondo lui non ero mai pronto».

Verdone ha detto che con l’attuale deriva del politically correct molti film di Alberto Sordi sarebbero finiti nello scarico. Lei cosa ne pensa?
«Credo che il politically correct sia un grosso pericolo per la comicità, ma negli anni di Alberto Sordi c’erano altre realtà, il nostro Paese era diverso, molte minoranze erano profondamente discriminate. Gli eccessi non vanno mai bene, ma non possiamo dimenticare che a volte una battuta può comunque ferire la sensibilità di un essere umano, quindi meglio fare una battuta in meno e avere persone più felici».

Lei è stato mai vittima di censure legate al politically correct o ad altro?
«A volte mi è capitato di essere invitato a prendere misure precauzionali, ma non estreme ed autoritarie, altrimenti non le avrei nemmeno accettate. Spesso mi censuro da solo col buongusto».

Cosa manca oggi nello spettacolo italiano che vorrebbe “inventare”... Magari anche grazie a Fake Show?
«Penso che Fake Show possa essere un piccolo tassello di uno splendido e ricchissimo mosaico. Quello che vorrei è che si potesse proteggere, come mi piacerebbe che si potessero tutelare tutti i programmi nuovi, che non hanno una collocazione internazionale e quindi non hanno avuto già una grande sperimentazione. Fake Show rappresenta un modo molto divertente e contemporaneo di divertirsi in una maniera originale giocando con le imitazioni. Vorrei l’evoluzione di Fake Show». 

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