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Fabio Fazio? Solo lui peggio di Patrick Zaki: ciò che il conduttore ha censurato

Lorenzo Mottola
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La giurisprudenza islamica la chiama hudna: si può tradurre come armistizio ma ha un’accezione lievemente diversa. È una tregua temporanea con gli infedeli, che secondo i codici medievali può durare al  massimo dieci anni. Perché la guerra con i non-musulmani non può finire. Si riprende fiato poi si torna a colpire. Hamas ha parlato di hudna con Israele ancora nel 2003. E anche Fabio Fazio sembra aver scelto di ricorrere alla stessa strategia.

Stiamo parlando del caso di Patrick Zaki, tragicommedia che sta mandando in confusione le più belle anime della sinistra italiana. La polemica sui messaggini anti-israeliani è scoppiata sei giorni prima dell’intervista a Che tempo che fa dell’attivista egiziano. Doveva andare in onda domenica, ma ieri il conduttore ha imposto uno stop. L’ospitata non è cancellata, ma “casualmente” slitta. E all’Ansa Fazio ha balbettato un’imbarazzante spiegazione: «Siccome è scoppiata la guerra in Israele ho cambiato la prima puntata, sto facendo una puntata ovviamente su Israele e Palestina e ho chiesto la cortesia a Elisabetta Sgarbi di spostare di una o due settimane il libro di Zaki». Tutto chiaro no? Dato che voleva parlare di Israele e Palestina, gli pareva brutto invitare un personaggio al centro di polemiche sul conflitto tra Israele e Palestina. E non finisce qui: «È una cosa che è rinviabile di otto-dieci giorni. Tutto qua, siamo già d'accordo così».

 

 

 

Una tregua, appunto, per far calmare le acque e tornare a colpire. Bel tentativo, ma non funziona così. E infatti Fazio ha preso sberle dalla Rai, dove l’amministratore delegato Roberto Sergio lo ha accusato di aver censurato Zaki. Proprio lui, che ha passato l’estate a sostenere di essere stato oscurato dalla Rai. C’è però un problema anche più vistoso. Con quelle spiegazioni Fazio mostra di non considerare un problema quanto detto dall’egiziano sugli israeliani “fascisti”, sulla mancata solidarietà alle vittime delle stragi nei kibbutz e sui terroristi di Gaza definiti “umani”. Di fronte a quelle parole dell’egiziano non si può dire “ne parliamo più in là”, altrimenti si mostra di condividere almeno in parte le sue idiozie. Un rinvio va oltre l’ignavia ed è la rappresentazione plastica dell’imbarazzo della sinistra italiana di fronte al conflitto in Medio Oriente. Il conflitto interiore di quanti in Italia, anche di fronte a bambini decapitati, non riescono a prendere una posizione chiara su Israele.

 

 

 

La sinistra è in imbarazzo a Milano, dove la giunta Pd aveva inserito Zaki tra i giusti nel “murale dei diritti” di fianco allo Schindler italiano Giorgio Perlasca. È in imbarazzo a Bologna, città della quale – sempre grazie al partito di Elly Schlein – Zaki è cittadino onorario. È in imbarazzo a Perugia, altro Comune che ha consegnato le chiavi della città all’egiziano. È in imbarazzo nella redazione di Repubblica, che però almeno ha battuto un colpo. Luigi Manconi ha scritto una lettera a Patrick, chiedendo come mai non abbia proferito «alcuna parola sulle vittime civili del lancio di missili sul territorio di Israele; e non ho trovato, incredibilmente, un sentimento di lutto per “la strage dei ragazzi”: centinaia di giovani uccisi mentre si trovavano al festival musicale Supernova, nel Sud di Israele».

 

 

Per uno che parla, tuttavia, si contano migliaia di muti. Soprattutto tra quanti hanno trattato il ragazzo come un grande del pensiero (vedi l’invito al Salone del libro) ancora prima di capire cosa pensasse (sempre che pensi). Come andrà a finire? C’è un precedente che potrebbe fare da traccia. Il caso Soumahoro insegna: il paladino dei migranti cui tutti volevano stringere la mano, passato a sconosciuto con la velocità di un lampo. Memorabile il voltafaccia di Diego Bianchi, in arte Zoro, che dal suo Propaganda Live ha contribuito a lanciare la carriera mediatica del sindacalista dei braccianti africani, ma che proprio mentre fioccavano accuse e denunce sudi lui si è esibito in un monologo che potremmo sintetizzare in un “ma questo chi lo conosce? È venuto qui una volta...”. Oscurato, rinviato. O è una hudna?

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