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Geolier e la scacciacani di Capodanno: il video che cambia molte cose

Andrea Tempestini
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La roulette della polemica, gira che ti rigira, da qualche giorno si ferma sul “balcone”. Si parla di Geolier, rapper di Secondigliano e catalizzatore suo malgrado (ma fino a un certo punto) di polemiche, appunto. Pare proprio volerle schivare, ma non sempre ci riesce. E così dopo i fischi, i «buu», l’Ariston che se ne andava, dopo il televoto assurto a male del mondo, dopo il processo sommario per aver spiegato come televotarlo (e spiegarlo non è reato) e dopo le rimostranze dei genitori di Giogiò, eccoci al balcone.

Capitolo uno. Torna a Napoli dopo i fasti a targhe alterne di Sanremo, la città lo accoglie come un eroe per il secondo posto percepito come una rapina (subita da Emanuele Palumbo, così all’anagrafe Geolier). Torna al rione Gescal, casa sua, il fluire di I p’ me, tu p’ te è inarrestabile e sono tutti, ma proprio tutti, in strada per lui. A fatica raggiunge casa e mamma, si affaccia al balcone. «Loro ci hanno fischiato, adesso noi fischiamo loro!», arringa il suo popolo con un garbato “vaffa” rivolto a chi, all’Ariston, lo aveva umiliato. Ma c’è chi eccepisce, come Massimo Gramellini, che si lancia in ipertrofici parallelismi col Duce e con piazza Venezia (suvvia...).

Epperò c’è chi eccepisce anche perché poco dopo Geolier, per il successo alla kermesse, avrebbe ricevuto dal sindaco Manfredi targa e medaglia della città. E insomma il volto di Napoli oggi più in vista- sostiene parte della vulgata - poteva evitare di fomentare lo scontro campanilistico. Eccepiscono anche i genitori di Giovanbattista Cutolo, il musicista ucciso a colpi di pistola lo scorso agosto ricordato proprio all’Ariston dalla madre: perché la targa a lui sì e a Giogiò no?

 

Capitolo due. Ecco, in questo caso il balcone crea qualche grattacapo in più. Un video, tornato di stringente attualità. Riavvolgere il nastro fino a Capodanno 2022. Geolier è già una star, vanta collaborazioni con Gigi D’Alessio e Rocco Hunt, giusto per fare due nomi. È presenza fissa nella top-50 di Spotify, insomma molto più di un emergente.

Scocca la mezzanotte. Ovviamente siamo sul balcone. C’è una ragazza, ha il cappuccio e impugna una pistola. Alle spalle di lei c’è lui. La abbraccia. Ridono. «Vai, vai, spara!». Un colpo, poi un secondo. «E non spara», dice lei. Poi altre due pistolettate, sul balcone altri ragazzi in un tripudio di razzi e petardi. Fanno quattro colpi di pistola. Il rapper dà le immagini in pasto a Instagram e già allora monta la polemica. «Era una pistola finta, una scacciacani», si difende Geolier.

Bene. Il fatto che certamente fosse una scacciacani cambia le cose fino a un certo punto. Perché quelle, rilanciate con compiacimento, sono le immagini di un rituale che fa schifo. Al di là dell’ineludibile considerazione su chi dalla pistolettata “goliardica” viene ferito (la politica ne sa qualcosa) o peggio ucciso (una donna ad Afragola poche settimane fa, una strage negli anni), quel video è un flirt orgoglioso con un sottobosco di spregiudicatezza e illegalità. Molto peggio e molto più connotato dei kalashnikov dorati esibiti nelle clip: ci disgustano anche quelli, ma il passepartout dell’arte li rende un poco più legittimi. Il punto è che alla luce di quegli spari - scacciacani ma veri- il kalashnikov assume nuove sfumature, così come nuove sfumature ridefiniscono l’immagine-social che Geolier offre di sé.

 

Chi lo guarda con sospetto per le scene girate tra le strade delle faide, chi lo accusa per i look, gli usi e i costumi “alla Gomorra” sfoggiati nella finzione di Instagram, ora ha argomenti in più. Ciò non significa - sia chiaro - che Emanuele Palumbo glorifichi o abbia qualcosa a che spartire con la camorra, semplicemente significa che il suo messaggio è più attaccabile. Per ultimo, sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Roberto Saviano, la cui sensibilità rispetto a immagini oggettivamente equivocabili è meritoria. Lo stesso Saviano che nei giorni della roulette delle polemiche ha difeso senza indugi Geolier, elevato a simbolo di una napoletanità limpida, anzi a vittima del pregiudizio meridionale. Ma nel caso, chi lo alimenta il pregiudizio?

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