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Elio Germano, attacca i doppiatori? Finisce a insulti: "Non capisci un ca***"

Alessandra Menzani
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La polemica è antica e periodicamente torna in auge come i jeans a zampa. Doppiaggio sì o doppiaggio no? Ci sono i puristi che vorrebbero vedere solo i film in lingua originale con o senza sottotitoli (sebbene questi ultimi costringano a leggere e dunque togliere lo sguardo dalle immagini che scorrono); c’è chi, invece, ama il doppiaggio, lo trova comodo perché gusta meglio una pellicola se essa è recitata nella propria lingua madre.

SCUOLE DI PENSIERO
Il doppiaggio sostituisce le voci originali degli attori e quindi una parte dell’interpretazione, che coinvolge i toni, la pronuncia, il timbro della voce, l’intonazione e l’interazione ritmica tra i movimenti e la voce stessa. Di conseguenza - va da sè - ne risulta modificato anche il lavoro approvato dal regista dell’opera. Nelle chiacchiere tra amici o colleghi, diciamolo, quanto fa “fico” dire «ah guarda, io Il Padrino lo guardo solo in lingua originale», «non hai idea di quanto sia migliore», e magari è anche vero.

 

 

 

L’ultima star a schierarsi criticamente contro la tecnica del doppiaggio è il “rosso” in tutti i sensi Elio Germano. L’attore, che lo scorso 3 maggio ha ricevuto il David di Donatello per l’interpretazione di Palazzina Laf di Michele Riondino, ha fatto discutere per un suo commento riguardo il mondo del doppiaggio e l’annoso dibattito intorno ai film da vedere in lingua originale. «Io con tutto l’amore e la stima per i doppiatori che abbiamo in Italia trovo assurdo che esistano i film doppiati, (...) i film sono ripresi in audio e video, vanno visti così», ha detto ai microfoni di CiakClub, «e poi il nostro lavoro passa per dei suoni che non sono il senso di quello che diciamo, semantico della parola, ma sono dei rumori del nostro corpo, delle nostre vocali prodotte, per cui si fa anche fatica quando noi stessi andiamo a fare delle coperture audio a ritrovare quella voce, quelle cose che hai passato proprio perché hai vissuto una cosa (...). Se uno ama il cinema non è possibile vederlo doppiato».

Va detto che il doppiaggio è una peculiarità di pochi paesi: tra questi Francia, Germania, Italia e la Spagna Non sono felici delle esternazioni di Germano i doppiatori italiani. Ricordiamo che ne abbiamo di bravissimi: da Luca Ward («Al mio via scatenate l’inferno») a Pino Insegno, dalla famiglia Izzo alla voce italiana di Leonardo Di Caprio Francesco Pezzulli. Si è schierata apertamente sulla polemica Lilli Manzini con un post sul Instagram: «Ecco come finisce la mia stima per Elio Germano», ha dichiarato, come riporta anche Mow Magazine, «io questo lo potevo paradossalmente accettare da qualche giornalista da quattro soldi ma da Germano no. Un grande attore professionista. È come se mi fosse caduto un mito. Dico un mito per un senso di qualità, di bene culturale. Ebbene Elio tu di “bene culturale” non ci capisci un caz*o. (...) Hai toppato alla grande caro mio, non hai rispetto del nostro mestiere perché anche noi doppiatori siamo attori e che tante volte doppiando anche i film italiani abbiamo salvato loro il culo con interpretazioni da bestie (...)».

 

 

 

IL PRECEDENTE
Germano non è né il primo né l’ultimo artista che ha manifestato un certo mal di pancia per il doppiaggio, visto come una sorta di tradimento. Lo scorso anno l’attore Mads Mikkelsen si era opposto al doppiaggio e lo aveva definito «una cosa folle». Prima di lui il regista Marco Tullio Giordana aveva tuonato: «Doppiare un film non è come tradurre un romanzo, ma come tradurre una poesia: si tratta di un lavoro complicato». Mentre il regista Pupi Avati ha affermato di non saper giudicare se effettivamente sia meglio la sottotitolatura, che comunque distoglie dalla visione, o il doppiaggio in un film, pur criticando il compiacimento per il loro lavoro che spesso aveva riscontrato nei doppiatori.

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