Ranucci fa il martire ma Report è ancora al suo posto

Il cabaret di Sigfrido: la vibrante protesta poi l'ammissione su viale Mazzini
di Daniele Priorisabato 28 giugno 2025
Ranucci fa il martire ma Report è ancora al suo posto
3' di lettura

È il grande giorno dei palinsesti alla Rai. Una festa di quelle con blue carpet e lustrini che la tv di Stato, da ormai tre anni, celebra sotto il Vesuvio, nella storica sede a due passi da Fuorigrotta. Quale occasione migliore per Sigfrido Ranucci e la claque di Report per fare i fuochi d’artificio e organizzare una vibrante protesta per lamentarsi (senza reale motivo) di essere stati penalizzati?

«Il palinsesto siamo noi» gridano con la claque politica di qualche parlamentare a cinque stelle e dell’ex sindaco di Napoli De Magistris che così può rivivere pure lui, per un pomeriggio, i fasti della grandeur istituzionale di un tempo. A far da controcanto al clima fin troppo brioso, il marciapiede opposto al tappeto delle star, dove sostano le penne spennacchiate, ferventi seguaci del conduttore di Report al punto da non voler fare il concorso (al quale avrebbero diritto d’accesso) con cui la Rai è pronta ad assumere 127 precari. Si infervorano, gridano, si sgolano perché nella prossima stagione (proprio quella che si è presentata ieri) probabilmente Report (come molti altri programmi) potrebbe avere piccoli tagli. Si parla di quattro puntate. Tanto basta, a Sigfrido, per aizzare le truppe di giornalisti-attivisti convinti più che mai a gridare No-Pal. Da intendersi come un no ai palinsesti appena presentati dalla Rai. «Una carnevalata» li irridono i loro colleghi di Unirai. Ma in questo caso più che mai sarebbe errato giungere a conclusioni affrettate. Non è infatti per niente uno scontro tra giornalisti destri e sinistri.

L’accordo sindacale che manderà “in esilio” nelle sedi regionali i 120 giornalisti che vinceranno il concorso, infatti, l’ha firmato con convinzione pure l’Usigrai, il sindacato unitario dei giornalisti Rai (di sinistra) e ha ottenuto la maggioranza qualificatissima del 75% dei voti nei comitati delle redazioni Rai riunite.

Cosa manca, allora, a un’azienda che- in un’epoca di crisi nera per l’editoria - assume 127 giornalisti a tempo indeterminato? Nulla (in un Paese normale). Tanto che ieri mattina, qualche ora prima dell’annunciata manifestazione, l’amministratore delegato Rai, Giampaolo Rossi ci ha tenuto addirittura a precisare che, con l’attuale governance, le ore complessive di programmi di approfondimento sono cresciute dell’8,2% (+200 ore 2025 vs 2022) raggiungendo la cifra di 2719 ore. Incremento che è ben evidenziato proprio dall’aumento dei titoli di approfondimento proposti che, nel periodo oggetto di analisi, sono cresciuti del 20.7%, attestandosi su un totale di 146 titoli. Uno stato dell’arte che vede la Rai, ad oggi, essere il broadcaster pubblico europeo con l’offerta informativa più ampia, pari a tredici ore giornaliere rispetto alle 2,3 di BBC e alle 3,4 di France Télévisions, servizi pubblici sempre lodati come esemplari dall’ortodossia giornalistica di sinistra. Parlando di Report, infine, a conti fatti, le ore di trasmissione - anche a tagli futuri applicati - resteranno comunque pienamente in linea con quelle concesse da gestioni Rai precedenti all’attuale che, evidentemente (e semplicemente) a Ranucci e ai suoi fedelissimi risultavano solo più simpatiche o politicamente affini.

E tutto questo Sigfrido lo sa bene se è stato proprio lui, ieri pomeriggio, a rispondere così a una domanda opportuna: «Ho sempre detto che la Rai è la mia casa. Offerte? Sono arrivate da varie parti ma non le ho mai accettate perché io penso che Report si possa fare esclusivamente in Rai, in un luogo dove io nonostante tutto mi sono sempre sentito libero di poter lavorare». Tanto rumore per nulla, solo che non è in scena William Shakespeare, è il cabaret di Sigfrido Ranucci.

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