Michael Schumacher, nell'anno del coma ha guadagnato 10 milioni
Un anno di silenzio. Domani sarà l'anniversario più brutto della carriera di Michael Schumacher: non quello di una vittoria, della conquista di un titolo mondiale, bensì di quel maledetto incidente sugli sci. Era il 29 dicembre dello scorso anno, mentre tutti aspettavano la fine dell'anno il campione era in vacanza sulla neve a Meribel. Una scivolata, il giallo del fuoripista e tanta tanta sfortuna: il tedesco d'acciaio che nemmeno il muro di Silverstone era riuscito a tenere troppo lontano dalle piste, sviene battendo violentemente la testa su un sasso. A un anno di distanza da quell'incredibile frangente a metà tra sfiga e destino beffardo, quello di domani per il campione tedesco sarà comunque un grande traguardo: due operazioni disperate, sei mesi di coma, la riabilitazione a Losanna e poi il ritorno a casa il 10 settembre scorso. Piccoli passi avanti, ma più difficili di un giro veloce. In mezzo tanta attesa, la paura dei tifosi e le speculazioni di chi ha provato a guadagnarci arrivando fino a sottrarre la cartella clinica del paziente famoso. La corsa che lo aspetta è ancora lunga: «La terapia durerà almeno tre anni», ha garantito il luminare Jean-François Payen che lo ha assistito fin dai primi momenti. Tra le visite degli amici, in primis Jean Todt, e la quotidiana terapia all'aperto per fargli sperimentare profumi, colori e sensazioni che ne aiutino il recupero, Schumi dovrà lottare ancora. Il castello di Gland che era il simbolo della grandiosità del pilota più pagato della storia è diventato una sorta di ospedale costato 12 milioni di euro solo di attrezzature. Vi lavorano a turno 15 specialisti tra neurologi, terapisti ed infermieri, contrattualizzati con uno stretto vincolo di segretezza e coordinati da Richard Frackowiak, professore londinese di origini polacche. Schumi, però, continua a correre per i suoi tifosi. Sul web perlomeno, dove il suo nome è stato il più cercato nella categoria «sportivi» nel motore di ricerca Google per conoscere l'evoluzione della sua condizione e ogni minimo segnale di recupero. Più interesse hanno riscosso solo il processo Pistorius, i disastri aerei della Malaysia Airlins, la Sla (effetto Ice-bucket challenge) e, ovviamente, il virus Ebola. L'ex pilota di Benetton, Ferrari e Mercedes è ancora un brand nonostante tutto su cui gli sponsor continuano a scommettere. Non tutti certo: a dire addio a inizio dicembre sono stati i marchi Navyboot e Jet Set del gruppo Gaydoul che non hanno rinnovato gli accordi da circa 5 milioni di euro. A fermare le voci di nuovi addii ci ha pensato l'agente Sabine Kehm, sottolineando come gli altri contratti saranno confermati nonostante le condizioni di Schumi: «La nostra idea è sempre stata quella di una collaborazione su una base amichevole, personale e di associazione. Ora, come prima, quasi tutte le collaborazioni rimarranno», le parole della portavoce, «bisogna sempre pensare in quale fase della carriera ci si trova. Quando si è piuttosto giovani si va alla ricerca un'immagine più pubblica e, quindi, una maggiore presenza nel campo della pubblicità. Michael non ha bisogno di questo». Il tedesco sembra aver bisogno soprattutto di amici. Come Audemars Piguet, marchio dell'alta orologeria che ha dedicato a Michael un'edizione limitata. O l'Hassia Gruppe, proprietaria del marchio di acque minerali Rosbacher che ha smentito le indiscrezioni sulla fine dell'accordo. E ancora le porte Hormann, ultimo sponsor a firmare con Michael un anno prima dell'incidente. In tutto una batteria che garantisce all'ex pilota a 2 anni dal ritiro ancora una decina di milioni all'anno. Fino alla finanziaria Dvag, quel marchio dal logo lunghissimo che i tifosi della Rossa ricorderanno campeggiare sempre sul berretto del campionissimo sin dal 1996: «Per noi è ovvio rimanere insieme anche nei momenti difficili», parola di Robert Peil, «chiudere il contratto sarebbe un segnale funesto come azienda». di Domenico Secondi