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Filippo Magnini, lo sfogo dopo lo scandalo doping: "Trattato come un delinquente"

Maria Pezzi
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Filippo Magnini rompe il silenzio. E parla per la prima volta a ruota libera dopo la conferma della squalifica di 4 anni in appello da parte del Tribunale antidoping per tentato uso di sostanze dopanti. Sentenza che chiude - a meno di una coda al Tas al momento incerta - una lunga trafila, iniziata con il deferimento dell'estate scorsa, in quelli che "sono stati i due anni più brutti e duri della mia vita" ma allo stesso i tempo "i più belli, grazie a Giorgia (Palmas, la compagna, ndr)".  Re Magno non ci sta e replica a suo modo. Mostrando prove e documenti che nel suo caso "sono state ignorate" e che lo hanno portato ad allontanarsi forzatamente "dall'unica cosa per cui ho sacrificato tutta la mia vita, il nuoto". La forza che lo spinge ad andare avanti è quella della verità dei fatti rispetto alle "supposizioni dell'accusa". A cominciare dalla presunta sostanza dopante che avrebbe tentato di utilizzare, non riconosciuta e non sequestrata, passando per la disparità di trattamento riservata al compagno di squadra Michele Santucci, assolto in appello. "A me la sua motivazione non piacerebbe, venire assolto perché alla fine lui ha desistito nel fare una cosa, sinceramente non ha mai desistito perché non ha mai avuto intenzione di far niente - ha proseguito il campione del mondo sui 100 metri stile libero nel 2005 e 2007 - Sono felicissimo per lui ma è ovvio che qualcosa stride". Per approfondire leggi anche: Giorgia Palmas e Filippo Magnini, vita stravolta  In un processo da cui "esco fuori con tante domande e la certezza dei miei fatti", Magnini si interroga anche sul modus operandi della giustizia sportiva, che lo ha condannato, in controtendenza rispetto al procedimento penale, che vede sotto inchiesta il nutrizionista Guido Porcellini (in primo grado sanzionato 30 anni dal Tna), in cui è stato scagionato perché estraneo ai fatti. Dalle pressioni fatte a Santucci, "a cui nelle prime ore due ore di interrogatorio viene suggerito di dare tutta la colpa a me" fino al mistero sul controllo del prodotto. "In quelle registrazioni si evince che il controllo che volevamo fare era sul prodotto, come è stato detto dallo stesso sostituto procuratore, e non sulle urine - ha sottolineato Magnini - Il controllo del prodotto è consentito e si può fare, nel mio caso si passa a quello sulle urine". L'ex nuotatore azzurro, accusato di farsi assistere da Porcellini per l'assunzione di integratori 'plus', ha fornito poi la sua versione anche su quest'ultima parola. "E' un termine normale che si usa per integrazione superiore, più accurata, certo io in quei periodi andavo a Livigno, in montagna, e non si sono documentati sul fatto che l'integrazione deve cambiare durante un periodo in altura - ha raccontato - Si rischia l'overtraining se non si fa integrazione mirata, visto che questa parola plus ai loro occhi sta a indicare doping", ha aggiunto prima di mostrare una serie di prodotti, leciti e più o meno comuni, tutti con la parola plus.  In queste zone d'ombra attorno al suo processo Magnini spera di poter intravedere uno spiraglio di luce in caso di ricorso al Tas, al momento incerto e con tempistiche lunghe. "Pesano su questa mia decisione l'ulteriore e ingente sforzo economico che dovrei sostenere e una incertezza latente su una vicenda che ha tanti lati oscuri", ha ammesso l'ex nuotatore pesarese, che ha punzecchiato nel suo discorso fiume anche il presidente del Coni Giovanni Malagò. "A me dispiace il fatto di aver visto che in altre occasioni anche in casi di doping chiaro almeno una frasetta è stata detta - ha evidenziato - Quello si, in un caso come il mio in cui non c'è un caso doping...". Dal mondo del nuoto, che gli è stato sbarrato, Re Magno non è sentito abbandonato. "Ho avuto compagni di squadra che subito si sono schierati dalla mia parte anche pubblicamente, Dotto, Paltrinieri, Martinenghi, ci sono stati anche tanti atleti internazionali - ha sottolineato - La federazione a dir la verità ha fatto subito un comunicato stampa e dopo il primo grado più volte ha ribadito di essere totalmente al fianco dei ragazzi che conosce e comunque sanno determinati meccanismi. Poi però si è limitato a questo". Discorso a parte merita Federica Pellegrini, che all'epoca dei fatti era la compagna di Filippo e conosceva a sua volta il dottor Porcellini. "Mi fa strano che non abbia a sua volta rilasciato una dichiarazione o una qualche parola su tutta questa vicenda, ma ognuno fa le sue scelte e ognuno decide cosa è meglio fare - ha evidenziato il pesarese - Ovviamente il punto di domanda più grosso è come mai un procuratore che dovrebbe cercare di avere una posizione più chiara su tutta vicenda non senta la persona che in quegli anni in quel momento era la mia compagna del tempo, con la quale convivevo, avevamo rapporto professionale con la stessa squadra e anche lei era seguita dal dottore Porcellini. Sono sicuro che la sua verità avrebbe confermato il fatto che il dottor Porcellini non ha mai proposto o dato integratori illeciti agli atleti".  

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