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Arbitri, la follia dei falli di mano: perché in Serie A converrà tagliarsi le braccia

Giulio Bucchi
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D' un tratto il calcio è diventato un manicomio, in senso letterale, perché con il nuovo regolamento i falli di mano faranno impazzire tutti. Gli appassionati, i giocatori, e pure gli arbitri. Ecco riassunto il manuale di teoria fornito, lo scorso marzo, dall' Ifab (International Football Association Board) e ora in vigore: è fallo quando il tocco proibito è volontario, come prima, e in più quando il braccio è in posizione innaturale, anche se involontaria, ovvero in linea con le spalle, sopra di esse o in aggiunta all' ingombro del corpo, il tutto a prescindere dalla distanza tra il tiratore e difendente. Tradotto in pratica: quasi tutti i tocchi di mano o di braccio in area portano al rigore, come hanno dimostrato quelli assegnati contro Zielinski in Fiorentina-Napoli e contro Cerri in Cagliari-Brescia. Movimenti naturali ma ora punibili. Esiste l' eccezione che conferma la regola, ed è il tocco di Samir durante Udinese-Milan, su cui l' arbitro Pasqua ha sorvolato perché, evidentemente, ha mantenuto un approccio al fallo classico, per cui il tocco del bianconero fa parte della dinamica di salto di un giocatore e dunque non è falloso. Le incoerenze - Ecco quindi il paradosso servito a freddo, per cui un ragionamento logico dell' arbitro è in contrasto con il nuovo prontuario, se è giusto in generale vuol dire che è sbagliato in questo nuovo calcio, e alla fine porta il garante delle leggi a ignorare le leggi stesse. I rigori assegnati sono corretti, ma emblematici sul fatto che il nuovo regolamento non va bene. Serviva a limitare lo spazio per l' interpretazione, e a rendere quindi il calcio più oggettivo e trasparente, ma ha ottenuto l' effetto contrario, cioè che l' arbitro può essere costretto a interpretare queste regole perché sono contrarie al senso del gioco. Le nuove norme non c' entrano con il Var, ma con ogni probabilità sono state influenzate dalla sua presenza. Il Var, che rimane sacrosanto, ha probabilmente spinto il movimento verso la ricerca del dato assoluto, che però è irraggiungibile. Perché non tutti i falli sono come il fuorigioco, che si presta all' oggettività e infatti ora è controllato da una ricostruzione tridimensionale. Il fallo di mano non può rientrare in questa categoria perché è vero che il braccio è proibito ma è anche necessario per muoversi. Il protocollo è quindi sostenuto da un principio nobile, ma è come se fosse stato scritto da persone che non hanno mai giocato, né tantomeno visto una partita di calcio. È quindi difficile pensare che queste stesse menti lo abbiano confezionato dolosamente per aumentare la quantità di rigori, di gol, di suspance, a favore dell' impatto televisivo. Piuttosto risulta privo di logica perché è totalmente fuori dal contesto che è chiamato a governare. Mancanza di fiducia - All' atto pratico, non cerca di disegnare un perimetro all' interpretazione, ma di eliminarla. Sembra dire che meno pensano, gli arbitri, meglio è. È un regolamento che non si fida di chi è chiamato a farlo rispettare e della categoria a cui dovrebbe semplificare il lavoro. Dovrebbe invitare, stimolare e aiutare gli arbitri a pensare, capire, interpretare il gioco, anziché ostacolarli e ridurli ai minimi termini. Se poi è scarso, non esiste manuale in grado di renderlo bravo, semmai serve l' allenamento. Il rischio è che gli arbitri, ad un certo punto, inizino a interpretare ogni singolo episodio all' antica come Pasqua, distruggendo così anche l' ultimo baluardo della trasparenza, ovvero l' uniformità di giudizio. Si sistemi, anche ammettendo di aver sbagliato, prima che sia troppo tardi. Perché è un attimo arrivare ad un punto di non ritorno in cui gli attaccanti, anziché tirare in porta, cercheranno di colpire le braccia dei difendenti in azione. I quali, evidentemente, non potranno tagliarsele, né pensare di giocare infilandole sotto la maglietta. di Claudio Savelli

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