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Zlatan Ibrahimovic al Milan, Sconcerti: "Ha speso in America i suoi anni di latta, ma è quello che serve"

Giulio Bucchi
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Un cambio di linea clamoroso: Zlatan Ibrahimovic al Milan, però, secondo Mario Sconcerti non è "una sconfitta" per chiunque abbia cercato nei rossoneri "la squadra dei giovani di domani", bensì "una correzione rumorosa ma necessaria". "I troppi giovani - spiega l'editorialista del Corriere della Sera - hanno sempre bisogno di un vecchio capo branco. Crescono guardando come si allaccia le scarpe nello spogliatoio, che gesti compie per avvicinarsi alla partita, cosa dice quando la squadra perde e come si entusiasma quando vince".  Leggi anche: "La mossa di Elliott che ha convinto Ibra a tornare al Milan" Però, occhio ai facili entusiasmi: lo svedese "non è quello che abbiamo conosciuto molti anni fa. È entrato nei 39 anni, ha giocato l'ultima partita il 28 ottobre scorso, nelle ultime due stagioni ha frequentato un campionato di pochissimo livello tecnico. Ed è andato in America per poter essere ancora il migliore nei suoi anni di latta. Non ci sono dubbi, non è l'Ibra che vorremmo, ma è ancora l'Ibra che serve". Ma più che le sue invenzioni, "serve il suo carisma in campo e nel gruppo. Il suo riferimento, il suo modo di interpretare il calcio e la vita, le sue esagerazioni. Serve il suo esempio dentro una squadra che non ha niente e non sa cosa guardare. Non c'è un falò se non c'è un cerino". Conclusione sibillina: "Non chiedetegli gol. Non so quanti potrà farne. Gli vengono meglio i miracoli. Il suo tratto divino è evidente in lui come la forza. Con il vantaggio che non avrà mai età".

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