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Antonio Conte, "ciò che il mister non regge": l'indiscrezione sul vergognoso "siparietto" con Andrea Agnelli

Claudio Savelli
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Lo scontro tra Conte e Agnelli ha riportato nel mondo di oggi un calcio d'altri tempi. Un calcio velenoso, dove Inter e Juventus traslavano il duello ben oltre il campo, dove allenatori e presidenti non avevano paura di scornarsi, dove il perbenismo era pari a zero. Da anni, forse per la tirannia della Juve sul campionato italiano, si è affievolita la bagarre: come se fossero d'un tratto tutti amici, ché tanto vincono sempre i bianconeri.

Il paradosso è che ci è voluto il travaso dei simboli della risurrezione juventina nell'Inter per muovere le acque e renderle torbide, dieci anni dopo l'ultima volta. I fatti: Antonio Conte, nello stadio che lo ha elevato ai vertici del calcio come allenatore, alza il dito medio contro la panchina della sua ex amata. Una panchina per altro guidata da Bonucci, suo ex pupillo a Torino e in Nazionale. Il misfatto dal campo passa ai piani alti della tribuna, un po' come all'asilo, così il presidente Agnelli rinfaccia il dito al suo ex mister, invitandolo a infilarselo proprio lì. 

 

Prova ne sono le immagini Rai. Per il resto, testimonianze si susseguono: nel tunnel, Oriali avrebbe invitato gli avversari ad allontanarsi mentre Paratici avrebbe minacciato botte. Ovviamente la Juve smentisce mentre l'Inter fa sapere di essere furiosa perché il mister avrebbe ad una serie di insulti da far invidia anche ai peggiori ultras: un classico che alimenta la tensione anziché smorzarla. Intanto, con il referto dell'arbitro e il rapporto degli ispettori federali, il giudice sportivo emetterà sentenza: potrebbe squalificare o dirottare il caso alla procura. 

 

La morale dipende dal punto di vista. Per i tifosi più accaniti prevale il "bentornato" al politicamente scorretto. Molti interisti che prima non accettavano la juventinità di Conte ora sorridono compiaciuti di fronte alla sua trasfigurazione, gli juventini che odiavano Conte per il tradimento (in più fasi: prima il litigio con il presidente Agnelli e poi il passaggio ai rivali) ora hanno un motivo in più per odiarlo, e infatti lanciano una petizione online per cancellare la stella a lui dedicata nell'Allianz Stadium, come già accaduto per Boniek e Di Livio. La storia degli allenatori eversivi non è nuova, basti pensare a Mourinho e alle manette, per citarne uno con la stessa casacca di Conte. Quella dei presidenti incazzosi, nemmeno: è arcinota la rissa verbale (e quasi fisica) tra Luciano Gaucci e Vincenzo Matarrese (fratello dell'allora vicepresidente di Fifa e Uefa) del 1999, dopo un Perugia-Bari passato agli atti per le provocazioni («Gaucci, noi siamo di Serie A!») e le risposte a tono («Zozzone, cornuto, vai a fare in c...»). 

Era il vecchio calcio, dei focosi anni '80 e '90, quello dei Costantino Rozzi e dei Romeo Anconetani, rispettivamente presidenti-artefici dei miracoli Ascoli e Pisa, con il primo che spediva la classifica della salvezza ai giornalisti gufi e il secondo che buttava il sale dietro le porte per scacciare la iella, oltre a inventarsele tutte per punire i calciatori dopo le sconfitte, tipo obbligare la sveglia all'alba e camminare per ore in strada. De Laurentiis è sembrato a lungo l'unico presidente venuto da quell'epoca. Nel 2011 se ne andava dalla cerimonia dei calendari chiedendo un passaggio in motorino e urlando «Siete delle teste di c...»" ai colleghi. Ma anche DeLa, ormai, si è dato una calmata. Fino a Juve-Inter, fino a Agnelli-Conte. Così all'alba del 2021 torna un interrogativo: qual è il confine tra sfottò e rissa?

 

 Lo stesso che divide sport e questioni personali: quando si va sulle seconde, il primo perde di senso. È capitato con Lukaku e Ibra, sommersi dalle critiche per aver portato in campo le ruggini del passato: ma loro sono giocatori, l'adrenalina è una giustificazione se il tutto non va oltre i limiti. Conte e Agnelli, invece, sono i leader chiamati a incanalare i dissapori, a trasformarli in adrenalina, a "sfruttarli" sportivamente. Ecco perché la loro sfida extracampo è la cosa peggiore vista nello scontro tra due potenze, Inter e Juve, finalmente tornato decisivo, nuovamente equilibrato.

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